Ha ancora senso oggi il tema? Ieri, volendo in qualche modo attutire lo shock derivante dall’impatto con il nuovo anno scolastico, ho assegnato a mio figlio un tema sull’estate trascorsa. Superato il disagio per un compito assegnato ancora in piena estate, lui ha diligentemente tentato di dare un senso a questa traccia così banale. Fatica inutile, povero figlio, visto che la compilazione si è presto ridotta a un’elencazione di luoghi visitati. E allora, anziché criticarne la condotta, mi sono subito interrogato sull’effettiva validità dello strumento tema. Il tema d’italiano, ne sono conscio, è considerata ormai una forma obsoleta di espressione, sostituita da più attendibili tipologie di valutazione, come la comprensione di un testo o lo stesso test strutturato, ma per me rimane insostituibile come filtro delle emozioni più nascoste degli adolescenti, che soltanto nel tema riescono a esprimere appieno le poche, confuse certezze che custodiscono nel loro intimo. E’ per questo che forse anche loro lo aspettano, anche se in modo confuso, e così, quando a metà novembre o a metà aprile, messi alle spalle i primi timidi voti quadrimestrali, do l’annuncio alla classe di un imminente compito in classe, argomento tema, la classe stessa reagisce positivamente. “Tra due giorni compito, tema”. “Che cosa, prof?” “Tema!” Le grida di giubilo che si diffondono spontaneamente mi confermano di aver fatto ancora una volta centro, sicuramente la classe teme di più le selettive verifiche di grammatica o di antologia, ma il tema è comunque una festa e come tale dalla classe viene sempre affrontato. Così, ogni volta, tento di riportare l’ordine, ma presto mi piego a un dialogo che poco ha a che fare con l’atmosfera tipica di una verifica. “Ci può dire di cosa parleranno le tracce, prof?” “Sono dei temi, ragazzi, di cosa volete che parlino? Attualità, introspezione, ricordi”. “Ma ci dia almeno le tracce, prof”. I ragazzi conoscono perfettamente i funzionamenti dei siti specializzati e insistono. Non ne avrebbero bisogno, ma è più forte di loro, il desiderio di rubare qualche perla a questi veri e propri sermoni ispirati alla banalità più prosaica e altisonante già pronti, confezionati per l’uso, li attrae. Sarebbe un errore imperdonabile, e allora tengo duro. I temi sono sempre stati espressione della vitalità istintiva dei ragazzi e così, ogni volta, lotto, perché almeno questa vitalità si conservi. “Lo saprete martedì mattina!” E a quel punto, ogni volta, mi preparo a trascorrere almeno due notti a soppesare ogni minima parola, a cercare di incontrare gli ambiti dei loro interessi, e poi al termine scrivere per ogni titolo un vero saggio che sarebbe sufficiente copiare per ottenere un bell’otto, e invece poi ci rinunzio, perché anche quello risulterebbe del tutto inutile. Perché ai ragazzi, in fondo, nel tema, non interessa il voto, interessa soprattutto dire la loro. E così il martedì mattina entro in classe, pronto ad affrontare una giusta battaglia. Varcata la soglia, comincia il tempo del tema, mi dico, campo di lotta delle più imprevedibili confessioni adolescenziali. La prima ora trascorre velocemente, abbondantemente assorbita dalla dettatura della traccia. Nonostante ciò, la vera gioia dei ragazzi, ogni volta, consiste nel leggere, rileggere, commentare e pronunciare ad alta voce ogni riga del singolo periodo, soprattutto con il compagno di banco, dicendo la loro, mostrando le proprie competenze, criticando soprattutto la scelta degli argomenti. Così, ogni volta, devo rileggere le tracce ad alta voce, commentandole, come si fa all’Esame di Stato, per sovrastare quel fastidioso cicaleccio. “Prima traccia… Oggi le nuove generazioni vivono la loro crescita in modo veloce, inseguendo i modelli che la società propone attraverso i suoi canoni più recenti…” Mi fermo per dare il tempo ai volti perplessi dei ragazzi di riprendere vita. “… social, cellulari, videogiochi hanno occupato l’intero arco del tempo libero di un ragazzo in età scolare. Ritieni tu che questo variegato corredo di supporti informatici sia utile alla tua crescita, o invece lo vedi come un eccessivo ingombro di strumenti che ti costringono comunque a una partecipazione passiva?” D’un tratto, infatti, gli sguardi si fanno più vivi. L’argomento pare interessarli. “Seconda traccia… Dalle lettere agli sms alle chat. Oggi comunicare le emozioni è apparentemente più semplice: un tempo, per farlo, si scriveva una lettera, una poesia, oggi si rompono i legami con un messaggio su Whatsapp…” Mi fermo, in attesa. “… si trascorrono ore davanti a un videogioco e la realtà sembra scorrere a un ritmo differente dal passato. Come percepisci queste innovazioni della tecnologia? Ti limiti a osservarle sul pc o ti condizionano anche nella vita quotidiana? “ “Prof, ma è uguale all’altro”. “Non è vero”. “Prof, posso collegare i due temi?” “Collegateli”, faccio allora, rassegnato. Mi rendo conto, infatti, nonostante i miei scrupoli, di aver scritto un unico, pomposo tema sui luoghi comuni degli adolescenti odierni. Così improvviso e decido di eliminare il terzo, il classico tema sull’adolescenza. Ma non è finita. “Non ne ha un altro?”, insiste ancora più di un alunno. Scuoto la testa. Sapevo che anche se i temi sono ciò che di più interessante tu possa proporre per loro, i ragazzi ti diranno sempre che non sono adatti alle loro corde. E se avevi previsto una terna, non è infrequente la battuta risolutiva. “Io svolgerò il quarto”. E’ più forte di loro, perché il tempo del tema è quello dove loro diventano protagonisti assoluti. Così mi faccio trascinare, per l’ennesima volta, e ripropongo il solito vecchio, polveroso argomento sulla droga, l’alcool e il sesso precoce tra i giovani, una specie di riedizione in tono minore del molto british sex, drugs& rock and roll. E’ la panacea di tutti i mal di stomaco pregressi. Enrico, infatti, si accende sempre d’improvviso entusiasmo. “Prof, lo sa che la “maria” fa crescere le tette?” Simone, invece, la butta sull’alternativo. “Prof, lei c’è mai stato ad Amsterdam?” “Prof, ma se io scrivo cosa ho fatto realmente, lei lo va a dire ai nostri genitori?” E’ troppo tardi per tornare indietro, tanto più che nel giro di pochi minuti devo constatare con amarezza che il tema sulla droga ha monopolizzato le preferenze della classe. Un piccolo fallimento pedagogico, ma va bene egualmente. In fondo, mi consolo, questa volta ho voluto puntare volutamente su argomenti caldi, vicini ai loro interessi. Ma so di mentire a me stesso. Non è così. Anche questa volta l’argomento l’hanno scelto loro, perché il tema fallisce ogni volta che la traccia arriva dall’alto. Il tema oggi ha senso soltanto quando diventa il luogo autonomo d’espressione delle emozioni più profonde di un adolescente. E, se vogliamo farlo ancora vivere, dobbiamo accettarlo.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
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