Il bel ciclista, con una boccetta di shampoo in vista, si passa una mano nella bella capigliatura, mentre la voce di fondo scandisce con decisione: “tecnologia tedesca per i tuoi capelli”. Me cojioni! Io ero abituato alle moto, alle macchine, agli elettrodomestici e all’industria pesante, ora si sottolinea la tecnologia tedesca anche per lo shampoo. Il mito delle tecnologia tedesca, in Europa e soprattutto in Italia, conta tanti ammiratori, si vede. Eppure in questi tempi l’immagine generale della Germania appare un po’ offuscata. E l’immagine, nell’economia moderna, specie per le esportazioni, è fondamentale. A cominciare dalla crisi Greca, con il governo in appoggio alle banche che hanno strozzato la Grecia, per non parlare della chiusura sul versante immigrazione, simboleggiata dalla clamorosa gaffe televisiva della premier Merkel, che ha negato ad una ragazzina palestinese l’ipotesi di un diritto d’asilo in Germania, facendola scoppiare in un pianto dirotto. Improvvisamente, mentre migliaia di profughi si accalcano in Ungheria provenienti in particolare dalla Siria devastata dalla guerra, la Germania smorza la sua linea dura. Di fronte all’immagine simbolo del piccolo disteso esanime nella spiaggia turca, anche la Germania, famosa per la sua tecnologia, improvvisamente apre il suo cuore dichiarando di accogliere i profughi siriani. Molti si sono chiesti, in questi giorni, come sia stato possibile che la Germania, improvvisamente, abbia cambiato idea. Per alcuni, un sintomo di grande maturità e apertura della Germania verso le questioni umanitarie, quasi un riscatto di tutte le prevaricazioni attuate nel corso della storia. Altri, invece, non si sono convinti. C’è qualcosa sotto, non è possibile. Ma è la stessa Germania che ha messo in ginocchio la Grecia? E giù ad articolare le ragioni, molto concrete e materiali, che hanno motivato la svolta. Ragioni economiche, legate alla manodopera fresca in arrivo, o al fatto che i siriani, a differenza di altri esiliati, sono benestanti e si portano appresso un conticino in banca, oltre alle competenze di un paese scolarizzato. Fino a pensare alle motivazioni più bizzarre. Le giustificazioni a questa improvvisa apertura della Germania sul fronte degli immigrati, non tengono conto, a mio parere, dell’importanza dell’immagine nell’economia moderna. La Germania si è guadagnata in questi anni il rango di una nazione solida economicamente, in grado di fare fronte alle proprie problematiche sociali, persino più aperta, con le proprie aziende, sul versante del codice etico, sia interno che all’estero. La Germania, a differenza di altri paesi post-coloniali come Regno Unito e Francia, ha tenuto un profilo basso anche nei focolai bellici del mondo, non ha armato caccia, non ha istigato alla guerra. La Germania fonda gran parte delle sue esportazioni sul mito di una tecnologia superiore. Un mito, se vogliamo, perché è vero che la Germania è dotata di una solida tecnologia in tanti campi, ma complessivamente non così superiore alle restanti nazioni europee. Una tecnologia che ha proprio nell’immagine, che i tedeschi hanno saputo costruirsi nel corso del tempo, il punto di forza. La Germania, forse, si è fatta due conti e si è accorta che, tutto sommato, il gioco valeva la candela. Ospitare un po’ di emigrati siriani alla quarta potenza economica della terra, non sarebbe costato poi così tanto. E infatti, il ritorno di immagine è arrivato, quasi da far parlare di redenzione. Anche perché, sul fronte interno, con gli ultimi avvenimenti, l’opinione pubblica, spesso mossa più dalle emozioni che dalla ragione, si è spostata sul versante della pietà. Quindi, tutto calcolato, con precisione tedesca? Forse si. Certo non guasta sapere che la gente, che in Germania in questi giorni si è mossa attivamente per dare sostegno ai rifugiati, non è solo sensibile al richiamo dell’odio, dell’ignoranza crassa, della politica anti-immigrati. Quindi, viva la Germania. Eppure. Delle immagini si sovrappongono nella mia testa. La folla di tedeschi che accoglie con acqua e viveri i migranti siriani alla stazione, e il peschereccio siciliano che si adopera per salvare il maggior numero di disgraziati in pericolo, in mezzo al mare. Penso al sindaco di Lampedusa, trafelata, che lavora indefessa per risolvere problemi enormi, e che sfancula i leghisti e la loro falsa etica lavorativa. Il tarlo che mi ha eroso è questo, alla fine. Ma la Sicilia? Ma la Sicilia, che accoglie i rifugiati da anni, li cura e li sfama, prima che così rifocillati possano raggiungere i loro cari e i loro contatti in giro per l’Europa, cosa dovremo dire? Della Sicilia, della Sardegna, del meridione d’Italia, delle Grecia, della Turchia, della stessa Siria, cosa dovremo dire, che da sempre accolgono i rifugiati, e fanno il “lavoro sporco”, che li curano e li sfamano prima di portare le loro lauree in Germania? Nessuno che offre una patacca di riconoscimento alla Sicilia che soccorre da anni questa povera gente. E penso, anche, a quanto noi Italiani non sappiamo proprio curare l’immagine. Se la Germania avesse fatto un decimo di quello che l’Italia ha fatto con Mare Nostrum, che vanto se ne sarebbe fatto? Solo ora la Merkel sostiene che l’Italia e la Grecia non vanno lasciate da sole. Ci vuole un impegno europeo. Che i profughi si dividono e sono di tutti. Già, ci vuole un impegno europeo, i costi si dividono equamente nell’Europa unita. Ora che i migranti sono alle porte della Germania, verrebbe da pensare, con italica malizia. Ma va bene uguale. Spero che l’Europa intera capisca, e segua.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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