Metanodotto, non mi piace questa ironica alzata di spalle nei confronti degli ambientalisti, spesso indicati come entità generica e un po’ mitica, quindi di fatto inesistente e però capace di rompere le balle. Mi ricorda l’atteggiamento tenuto verso i radicali, presi in giro per i loro scioperi della fame e alla fine eroici e minoritari combattenti e vincitori delle più importanti battaglie per l’emancipazione degli italiani, dopo quelle dei sindacati e della sinistra, quando entrambi esistevano. Indicare gli ambientalisti come estremisti irragionevoli è un brutto tentativo di aggirare le loro ragionevolissime obiezioni, è un comportamento simile a quello dei peggiori leghisti che ti insultano sperando di metterti a tacere. E mi ricorda anche i volgari insulti nei confronti di Greta, straordinaria icona che evidentemente fa paura a molti porcaccioni che guidano la politica e l’economia mondiale e che, avendo una certa età e poco tempo da vivere, se ne fregano di chi e cosa sarà dopo di loro. “Après moi le déluge”, avrebbe detto Luigi XV, non a caso uno dei re più insignificanti della storia di Francia, durante il cui regno tutto ciò che accadeva, nel bene o nel male, era a insaputa del monarca chiuso nel suo bozzolo di egoismo. Lo dico non soltanto perché trovo convincente l’opposizione degli ambientalisti al metanodotto, ma anche perché considero l’ambientalismo una delle case dentro le quali molto probabilmente un giorno o l’altro nascerà la vera alternativa alla deriva fascista mondiale. Li indicano come pazzi che si oppongono a tutto, mentre quelli che conosco io – e sono tanti e tutti molto rappresentativi di questo movimento – sono di una prudenza alle volte persino irritante e non c’è verso di coglierli in fallo sulla conoscenza di ogni aspetto dei problemi che di volta in volta affrontano. Quindi quando dicono che questi del metanodotto sono soldi buttati perché, oltre al sottovalutato impatto ambientale, parliamo di una forma di energia che entro pochi anni sarà superata, io li sto a sentire. E non mi unisco ai Te Deum di ringraziamento perché finalmente ci danno il metano e penso piuttosto che non ce lo hanno dato quando era tempo e ce lo danno ora, quando fra un po’ non ce ne facciamo un cazzo. Mi sa che la Sardegna è un’esportatrice di energia, figuriamoci se ne ha bisogno e in quanto alla convenienza del metano mi dà da riflettere il fatto che a sostenerla, nell’ambito imprenditoriale, siano soprattutto i potenziali vincitori degli appalti per la realizzazione della dorsale. E in conclusione, poiché non sono soltanto sardo ma anche sassarese, viste queste premesse non mi sconvolge più di tanto l’affermazione di qualche esponente della Regione che dice che il metano per adesso, giustamente, servirà soprattutto il Sud, “la parte più industrializzata della Sardegna”. A parte il fatto che al sud di industrie ce n’è quante al nord, cioè poco e niente e che quelle poche che ci sono non mi sembra che siano ansiose di andare a gas, resta la consueta attestazione di una Regione cagliaricentrica. Per fortuna questa volta su argomenti poco produttivi. Se avessero fatto affermazioni del genere su dorsali più interessanti, per esempio quella ferroviaria, allora sì che ci sarebbe stato da incazzarsi.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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