Se pensiamo al razzismo, la prima associazione mentale che abbiamo è con le persecuzioni contro gli ebrei e con la shoa.
Credo che l’ultima cosa a cui pensiamo è che anche gli ebrei possano essere razzisti: per noi sono le vittime per eccellenza del razzismo.
Questa identificazione dipende, ovviamente. dalla semplificazione effettuata, a partire dalla guerra dei sei giorni, nel 1967, soprattutto dagli ebrei americani e poi diffusa in tutto il mondo dalla fortunata serie televisiva americana Holocaust, ma questo non cambia nulla al fatto che l’odio nazista non fosse limitato agli ebrei: “L’uso del termine Olocausto viene anche esteso a tutte le persone, gruppi etnici e religiosi ritenuti “indesiderabili” dalla dottrina nazista, e di cui il Terzo Reich aveva previsto e perseguito il totale annientamento, poiché avvenuto nel medesimo evento storico: essi potevano comprendere, secondo i progetti del Generalplan Ost, popolazioni delle regioni orientali europee occupate, ritenute “inferiori”, e includere quindi prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, nazioni e gruppi etnici quali Rom, Sinti, Jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali, malati di mente e portatori di handicap.” (Wikipedia)
Gli ebrei costituirebbero circa il 40% del totale delle vittime della barbarie nazista: http://nl.wikipedia.org/wiki/Holocaust
Ma il fatto che gli ebrei costituiscano il gruppo più numeroso di vittime dipende anche e soprattutto dal fatto che gli ebrei fossero anche la minoranza più numerosa.
Ma è anche vero che esiste una lunga storia di persecuzioni degli ebrei, non tanto in quanto di “razza” differente, quanto in qualità di “deicidi”.
Tutto vero, ma questo renderebbe gli ebrei intrinsicamente immuni dal razzismo?
Ora, per capire ci occorre una definizione di razzismo.
Io definisco “razzismo” quel sistema di concetti creato e usato per negare ad altri esseri umani quei diritti che reclamiamo per noi stessi.
Il razzismo moderno nasce con la necessità di fornire mano d’opera alle piantagioni nelle Americhe, per giustificare lo schiavismo nei confronti degli africani.
Prima di allora il razzismo non era necessario: lo schiavismo era considerato naturale–si vedano le lettere di Seneca–e non doveva essere giustificato, neppure dalle persone più sensibili alla condizione degli schiavi.
Lo schiavismo comincia ad aver bisogno di una giustificazione con la diffusione del cristianesimo: tenere dei cristiani in schiavitù comincia ad essere considerato immorale, ma non l’asservimento dei non cristiani: “Le bolle di Papa Niccolò V Dum Diversas (16 giugno 1452) e Romanus Pontifex (8 gennaio 1454) rivolte al re del Portogallo Alfonso V (1438-1481) autorizzano il sovrano a ridurre in “perpetua schiavitù” le popolazioni pagane e saracene contro le quali i portoghesi si stavano battendo in Africa.” (http://it.cathopedia.org/wiki/Schiavit%C3%B9_e_cristianesimo)
Nel tardo medioevo, infatti, gli schiavi erano pagani, cioè individui provenienti dall’Europa non cristianizzata dell’Est: slavi, insomma, da cui la parola “schiavo” (slave, appunto, in inglese).
Chi commerciava in schiavi slavi nel medioevo?
Nella Spagna dei Mori, molti mercanti di schiavi erano ebrei: ” In the 800s the Muslim Moorish rulers and local Jewish merchants traded in Spanish and Eastern European Christian slaves.” (http://en.wikipedia.org/wiki/Slavery_in_Spain)
Esistevano ebrei che commerciavano in schiavi, ma questo non significa ancora che fossero razzisti, visto che il razzismo non era ancora nato.
Troviamo però 90 famiglie di ebrei sefarditi, proprietari di piantagioni e di migliaia di schiavi africani, nel Surinam (Guyana olandese), a partire dal 1664. (https://bukubooks.wordpress.com/jews/)
Insomma, ecco qui negata l’essenza del razzismo antisemita, ma anche della sua immagine speculare: gli ebrei sono persone come tutte le altre, nel bene e nel male.
Razzisti e schiavisti quando ne hanno la possibilità, come tutti noi.
Detto questo, non rimane che aggiungere quello che ha detto il Presidente di Israele: ” Israel’s President Reuven Rivlin announced to a meeting of academics in October 2014 that it is finally time for Israel to live up to its promise as a land of equality, time to cure the epidemic of racism. ““Israeli society is sick, and it is our duty to treat this disease,”” (http://en.wikipedia.org/wiki/Racism_in_Israel)
“La società israeliana è malata [di razzismo] ed è nostro dovere curare questa malattia.”
Insomma, non c’è nulla che renda immuni gli ebrei dal razzismo: questo nasce ogni volta che un gruppo sociale o etnico sente il bisogno di negare ad altri gli stessi diritti che pretende per se stesso.
Non ho nominato una volta la questione palestinese.
Non mi illudo di aver convinto i sionisti “de noantri”.
Ma pensavo che queste cose andassero dette e l’ho dette.
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