Stiamo perdendo la nostra battaglia civile contro la criminalità organizzata dei produttori di notizie false e di teorie farlocche. E l’aspetto umanamente più mostruoso è che questo contrabbando di sciocchezze stia inondando i social in un momento in cui tutti siamo deboli, vulnerabili, disposti a credere a tutto purché qualcuno ci dia qualche speranza, un’indicazione, una strada sicura da seguire per scansare il pericolo. Meglio ancora questo traffico funziona se l’informazione si presenta come controcorrente o giunge da fonti alternative che annunciano di volerci rivelare scoperte sconvolgenti, dal momento che “non ci stanno dicendo la verità” o “ci stanno nascondendo qualcosa”. Vedo un post largamente condiviso sulle controindicazioni di alcuni farmaci applicati alla cura del Covid. Risalgo alla fonte e rintraccio il post. 57 mila utenti lo hanno rilanciato sulle loro bacheche Facebook. Cerco i titoli dell’autore: si qualifica come giornalista freelance, nient’altro. Il primo che capita vi dice cosa dovete assumere o no e in 57 mila gli credono e diffondono il verbo inquinante. E poi, su whatsapp, imperversano esperti cinesi e medici di Taiwan che ci dicono di respirare al mattino – casomai qualcuno se ne dimentichi – di bere bevande calde o fare i gargarismi per scacciare questo maledetto virus, come fosse acqua Rocchetta che ci libera dalle scorie facendoci fare plin plin. Trovi sempre quello che obietta come tutto questo stia accadendo “perché la scienza ufficiale dei professoroni non ci sta capendo nulla”. E quindi dare credito alle invenzioni del primo ciarlatano ti fa sentire più sicuro? Tra questi, ve lo ricordo, c’è gente che ha spacciato il bicarbonato come rimedio contro i tumori. Ma la cosa che più mi ha fatto infuriare è stata la catena saltata di smartphone in smartphone una decina di giorni fa, nei primi tempi dell’emergenza. Una forma di terrorismo psicologico. Un messaggio sgrammaticato scritto su whatsapp da un anonimo semianalfabeta invitava la gente a ritirare in casa animali domestici e panni stesi perché in serata un elicottero avrebbe irrorato dal cielo una polvere disinfestante. Ho letto paura e rassegnazione negli occhi di molte persone anziane, le ho viste correre affannosamente sui pianerottoli per sbarazzare stendini, prima che la pioggia chimica cospargesse tutto. La constatazione era: se muovono gli elicotteri è perché siamo tutti contaminati, e se noi vecchi lo siamo non abbiamo scampo. Ho provato a risalire alla fonte prima, ma è stato impossibile: c’era sempre uno che lo aveva ricevuto da un cugino che lo aveva ricevuto da una zia cui era stato trasmesso da un’amica. Bisogna prendere nota di questi fatti. Quando tutto sarà finito, questa gente andrà cercata e messa in condizione di non nuocere. È dannosa quanto il virus e troverà nuove occasioni per spargere le sue stronzate.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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