Strana Isola la nostra Isola, politicamente parlando (e non solo…). Strani gli elettori, strani i candidati e strani gli eletti.
Strana Isola quest’Isola che vede diluire l’affluenza al voto regionale dal 68% del 2009 al 52% del febbraio 2014, fino al 40% delle recenti europee e – contemporaneamente – vede esultare gli eletti come se la faccenda non li riguardasse. Loro, prima di tutto: gli eletti con una manciata di voti.
Strana Isola quest’Isola che vede fiocchi azzurri e rosa alle porte dei nuovi partiti neonati con una cadenza che neanche in Grecia o in Ucraina… Ogni giro una confezione di rappresentanza e mediazione di interessi nuova di zecca. Che poi bisognerebbe capire a fondo “rappresentanza di chi” e “interessi di chi”…
Strana Isola quest’Isola dove i pentastellati raccolgono il 30% alle europee, sono assenti alle regionali, sostituiti dai peppastellati, e assenti dal dibattito sulle cose locali cercano di incidere su quelle nazionali con un’isola nell’Isola, Assemini.
Strana Isola quest’Isola che, con quell’assenza, ha regalato un’occasione d’oro ai peppastellati. Occasione che solo l’evanescenza populista che fraga di lissa poteva letteralmente sciupare. Occasione il cui fallimento non è stato mai reso oggetto di analisi interna. Tabù, dicono gli antropologi…
Perché lo sperpero non è solo nella possibile diversa rappresentanza che il popolo sardo avrebbe potuto avere nelle sedi istituzionali, grazie ad una diversa architettura di alleanze o ad uno studio preventivo della legge elettorale (ma sarebbe bastata anche una semplice lettura)…
Lo sperpero più grande è nelle conseguenze dell”attuale assenza di presenza, di idee, di dibattito, di proposte, di dialogo e di prospettive di chi prima agiva politicamente sul territorio. Questo è lo sperpero più grande, quello della fiducia diffusa dei cittadini prima agita, agitata e poi dimenticata e abbandonata. Perché gli strumenti di costruzione delle politiche dal basso sono meccanismi straordinari di produzione di idee e sentimento, ma anche meccanismi straordinariamente delicati e pericolosi da maneggiare. Perché richiedono investimento personale, di idee, passione, tempo, energie, di cittadini a cui viene richiesto qualcosa in più che il semplice voto: pezzi interi di se stessi.
Perché la fiducia personale si consuma se non è gratificata. E in politica, in quel tipo di fare politica, in quelle etichette di movimenti scelte per propagandare un diffuso accordo progettuale costruito da basso, con le cerchie delle comunità locali, l’assenza dopo il voto rischia di dissolvere uno degli elementi focali della partecipazione politica: la convinzione che intervenire personalmente, e non solo con il voto, serva davvero a qualcosa. E la prossima volta (così come insegnano interventi similari sul territorio), al prossimo giro elettorale, molto probabilmente sarà ancora più ampia l’assenza alle urne.
Bisognerebbe avere il coraggio di riprenderle quelle energie diffuse richieste ai cittadini, tornare in campo, magari abbandonando le vecchie impalcature partitiche spese malamente nell’ultima tornata elettorale. Bisognerebbe tornare alle idee e a quei progetti che necessitano tempo, non solo il tempo di un orizzonte elettorale. Bisognerebbe che qualcuno avesse il coraggio di dirlo pubblicamente e a chiare lettere: “Non ne ho più voglia! fate voi!”. Ma si sa, il coraggio – come l’intelligenza politica – è entropicamente distribuito. E il populismo peggiore è quello dei narcisismi che fragano di lissa, quello di chi pensa che aver letto e scritto qualcosa abiliti automaticamente alla comprensione delle cose, dei tempi lunghi delle cose, quelle degli altri.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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