Loro si chiamano Mauro Morandi ed Elena Torresani, non si conosco e i loro nomi non dicono molto a chi non ha letto le notizie di qualche settimana fa. Eppure entrambi hanno in comune il fatto di essere stati i parafulmini, a parti invertite, di quell’aggressività e prepotenza che fa provare vergogna a tutti noi. O dovrebbe farla provare. Elena Torresani, ad agosto, gironzolava da turista felice nella nostra bella isola, quando si scontra verbalmente con un’indigena. Viaggiava a bordo del Trenino Verde ed una donna sarda occupava per i suoi amici, non ancora saliti a bordo, circa 10 posti a sedere. La Torresani le chiede gentilmente, visto che i posti non sono soggetti a prenotazione, se può lasciar libera una poltrona per un’amica, che viaggia con lei, vittima di due ernie del disco.
L’indigena risponde:
– Ma che vuole questa? – e poi rincara:
– Se ne torni da dov’è venuta! –
Mauro Morandi è il guardiano dell’isola di Budelli. Quando si pensa ad un guardiano viene in mente l’immagine di un ammasso di muscoli, giovane e aitante. E invece no! Lui è un gracile e attempato settantacinquenne che vive, e vigila, sullo splendido isolotto di Budelli, con l’incarico di far rispettare quella Carta dei divieti che regolamenta il parco naturale. Quegli stessi divieti che altre centinaia di migliaia di turisti hanno osservato con cura, attenendovisi. Ma che ha contrariato, invece, un gruppo di visitatori incivili e maleducati fino a farli diventare un branco di bestie feroci che ha aggredito verbalmente, e malmenato fisicamente, il povero signor Morandi.
Due storie speculari, ma opposte.
Nella prima la turista messa in secondo piano rispetto alle esigenze di un nativo del luogo; nella seconda il nativo del luogo messo in secondo piano rispetto alle esigenze dei turisti.
Anche quando queste infrangono dei divieti.
Due storie che, seppur riportate sui quotidiani, non hanno avuto un’eco particolarmente estesa. Perché?
Perché l’ascolto o la visione prolungata della brutalità e dei soprusi ci ha assuefatti ed ha generato in noi un aumento dell’insensibilità alla violenza. Anche se in un primo momento possiamo sentirci toccati, gradualmente ci abituiamo sino a perdere ogni sensibilità anche nei confronti delle vittime.
Ed io penso a mio padre, che ha l’età del signor Morandi, e lo immagino malmenato da una banda di ragazzetti idioti e prevaricatori.
E poi penso a mia mamma, che ha un’ernia del disco e non può stare in piedi a lungo, e la vedo in piedi su un treno, a sopportare in silenzio il suo dolore davanti a una poltrona vuota, ma ipoteticamente occupata da qualcuno che deve ancora arrivare. E mi si girano i coglioni in una maniera tale che mi viene da schiaffare bruscamente un punto finale a questo post, spegnere il computer e andarmene affanculo! Ché forse lì c’è più civiltà…
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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