di Maria Dore
In principio sono sempre i sogni: dopo la laurea in economia, entrare in una società di consulenza. Quando uno stesso sogno è condiviso da centinaia di persone simili tra loro, la realtà si traduce in colloqui ed estenuanti career days: giornate lunghissime di step da superare per arrivare ad un colloquio finale, mica subito il lavoro. Fino a che non arriva l’opportunità per quel posto. Quel posto che genitori e nonni hanno sempre indicato come l’ideale. Il posto in banca. Siamo nel 2014, come si può dire di no, con la disoccupazione giovanile al suo record, (44,2%) ad un posto in banca a 27 anni? Non sarà poi così male stare allo sportello. Un bonifico, qualche anziano che viene a ritirare 200 euro. Ma le banche sono cambiate. F. lo sa, queste cose le ha studiate, ci pensa mentre inizia la gavetta alla cassa della filiale. Non si sorprende più di tanto quando dopo pochi mesi arrivano le prime “dritte”: dai uno sguardo al conto di questo cliente, vedi se gli si può proporre qualcosa” . E poco dopo, gli apprezzamenti mirati.
“È da un po’ che ti teniamo d’occhio, sai? Il rapporto con i clienti è ottimo. Ma sai, è bene non affezionarsi troppo …”
Quell’apprezzamento è un avanzamento di carriera, significa diventare consulente. Significa gestire conti fino a 100mila euro. Mica male, con la disoccupazione giovanile sempre al 44,2%, siamo nel 2015. Basta non affezionarsi al cliente e alla sua vita. E raggiungere il budget mensile. Ovvero vendere. Qualsiasi cosa: mutui, assicurazioni sulla vita, apertura di nuovi conti correnti, App, home banking. Tutto, per arrivare al tetto di 150mila euro al mese. All’inizio è facile, puoi far aprire un conto a qualche parente. Una madre lo fa sicuramente per aiutare un figlio che inizia ad averci gli incubi, su quel budget che va raggiunto. Ricorda sempre il primo comandamento, non affezionarti alla gente. La gente è budget. Gente come la signora Ida.
Quando in filiale si sparge la voce del suo arrivo, gli altri quasi festeggiano:
“Arriva la Ida!”
E quando arriva la Ida, è la vicedirettrice a scomodarsi. Perché la signora Ida è una cliente importante ma, soprattutto, è in perdita. Da mesi. È sotto di 60mila euro e non lo deve sapere: la vicedirettrice le mostra una scheda di investimenti, vecchia di mesi, per farle credere che tutto è a posto.
Nonna, mamma, non è così vero che il posto in banca è il posto ideale, sapete?
E che le banche non sono quelle di una volta i clienti, che non sono scemi, ad un certo punto lo capiscono anche se non hanno la laurea, si accorgono che qualcosa non va. E per questo gli impiegati fanno un turn over. Più di tre anni nello stesso posto non ci possono stare, perché prima o poi capitano situazioni come quella della signora che i suoi soldi li vuole indietro, perché l’investimento non ha funzionato come le si era detto, non solo non ci ha guadagnato, ci ha anche un po’ perso. Per una situazione del genere l’addestramento prevede una risposta:
“Ma signora, parliamo di investimenti a medio-lungo termine, ci vuole tempo”
Davanti ad un cliente che non demorde si sfodera il linguaggio tecnico: ANALISI DI ADEGUATA VERIFICA.
“Signora, ci deve dire a cosa le servono esattamente questi soldi”
A che volete che servano i soldi, ad un cliente medio: una cucina da rifare, una badante da pagare. Ma mica la possiamo fare così facile, no. Anche in casi come questi, dall’analisi si può stilare un risultato di rischio medio-alto, addirittura un rischio di riciclaggio. Con un rischio medio-alto scende in campo il direttore. Un’ora e trenta per convincere la signora che questi 5000 euro è meglio che non si muovano. Cosa dici ad una madre che ti chiede cosa aspetti a lasciare quel lavoro che ti sta logorando? Non riesci a guardarla in faccia quando le racconti dell’assicurazione sulla vita rifilata in giornata.
“Ma è sicuro che l’assicurazione pagherà?” “Certo, signora”
No, che non pagherà. La signora ha un tumore e non le si dice che l’assicurazione non paga se al momento della stipula non si è sani.
Quando l’obiettivo è lontano si punta sui finanziamenti: rifinanziando un finanziamento già esistente. Si propone al cliente un abbassamento del tasso. E alla fine funziona così: un operaio con tre figli e moglie disoccupata arriva a chiedere un altro finanziamento per non rimanere strozzato da quello precedente.
Ma continua a non bastare.
“Allora, oggi come mai questo mese non hai raggiunto il budget e i tuoi colleghi sì?”
Già, i colleghi. Loro che piazzano di tutto e continuano a guardarsi allo specchio, lo chiamano “lo scarso”. Si fanno le classifiche coi migliori e i peggiori, come nell’ultimo dei call center. Ai migliori vengono regalate vacanze al Fort Village di Santa Margherita di Pula, a New York. Immaginateli mentre si scattano i selfie.
Altri preferiscono congelare l’incubo, a lasciare definitivamente il lavoro non ce la fanno e vanno in aspettativa per evitare il tracollo psicologico.
Lui, no. Lui lascia. Siamo nel 2017, la disoccupazione giovanile è al 39,2%.
Con tre anni di esperienza in banca non è difficile avere dei colloqui con aziende importanti. Come quella per una società di energia che lo vorrebbe mandare in Congo. Vitto e alloggio e stipendio considerevole. Con tre anni di esperienza in banca le domande di un colloquio telefonico non fanno paura. La dottoressa al telefono lo percepisce, pare contenta, quasi lo prega di accettare. Si è quasi ai saluti, ma quasi per una curiosità personale, arriva la domanda. “Ma come mai hai lasciato il lavoro in banca?”
Si arriva a fidarsi, anche in conversazioni formali.
“Non stavo più a posto con me stesso, dico eticamente, capisce?”
“Ah”
***
Le banche lucrano con la gente normale, quella che sul conto ha 10mila euro, la gente che ha bisogno. Mica sui miliardari. Quelli possono stare tranquilli.
Poggio la penna sul tavolo. Credo di avere sentito abbastanza. Mi sono sentita un po’ come certi inviati che intervistano persone a cui viene camuffata la voce e oscurato il viso. F., invece il viso lo mostrerebbe. “Scrivi tutto, scrivi, mi sto divertendo. Non vedevo l’ora di raccontare a qualcuno queste cose, per divulgare. Scrivi, non me ne frega niente!”
F. ogni tanto torna in paese, ma non è più entrato in filiale, nemmeno per chiudere il suo conto. Quando qualche collega col quale ha mantenuto i rapporti lo chiama, fa il vago, “Passerò”. E alla madre dice: “Se ti chiedono di me quando passi in banca, di’ che non ci sono” F. lavora all’estero per una multinazionale. Ma è un lavoro tranquillo, che lo fa sorridere. E la dottoressa della società di energia? Lei non lo ha mai richiamato.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design