Cosa le rimane, dunque, dopo quarant’anni? «L’orgoglio di aver scoperto la verità».
Questa risposta, ad Andrea Pasqualetto del Corriere della Sera, la diede il magistrato Giancarlo Stiz, in un’intervista pubblicata il 15 aprile di tre anni fa. Parlava, il magistrato, delle trame che concorsero ad una delle più sanguinose stragi della nostra Repubblica: quella del 12 dicembre 1969, a Milano, nella Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana. Ne parlava con amarezza, perché ormai erano noti i nomi di chi aveva voluto imbottire di esplosivo la borsa lasciata sotto un tavolo della filiale, quel venerdì pomeriggio di 46 anni fa. Noti, ma non punibili. Stiz è morto domenica scorsa, a Treviso. Pochi, oggi, sanno chi sia stato e quali meriti si sia guadagnato sul campo ma, in tempi in cui il titolo di eroe si riconosce con troppa generosità, Stiz eroe lo fu davvero. Lo fu per scrupolo, coraggio e capacità di essere impopolare. Fu Stiz a scoprire che, dietro la strage di Piazza Fontana, si nascondeva il mostruoso grumo nero del terrorismo fascista, fiancheggiato da uomini dello Stato incaricati di alimentare la strategia della tensione. Fu sempre lui, Giancarlo Stiz, a portare al centro dell’inchiesta i nomi dell’avvocato irpino Franco Freda, dell’editore Giovanni Ventura, dello 007 Guido Giannettini, uniti dal comune denominatore di Ordine Nuovo, famigerata sigla della destra extraparlamentare che ebbe un ruolo in tutti gli atti di destabilizzazione di quella che Sergio Zavoli definirà “La notte della Repubblica”. Non era facile, in quel periodo, seguire quella pista: sistematici inquinamenti delle prove la rendevano accidentata, l’omertà dei vertici militari alzava un muro sul cammino verso la verità, la testimonianza del professore Guido Lorenzon (che sapeva molte cose sull’attività di Freda e Ventura, a Padova) venne ritenuta inattendibile. Eppure Stiz andò avanti, resistendo anche alle pressioni di stampa e opinione pubblica, che vedevano nell’anarchico Pietro Valpreda il responsabile della carneficina di Milano. Resistendo alle pressioni ma anche alle minacce, in anni in cui l’eversione nera – come quella rossa – uccideva i magistrati che ne perseguivano i crimini, come accadde per Vittorio Occorsio e Mario Amato. Stiz, per la cronaca, ordinò anche l’arresto di Pino Rauti, l’ex repubblichino che di Ordine nuovo fu il fondatore, oltreché in seguito segretario del Movimento sociale. Per una serie incredibile di processi farsa e lungaggini, di cui un Paese civile dovrebbe vergognarsi, mandanti ed autori della strage di Piazza Fontana hanno volti conosciuti ma non risultano punibili. Stiz, però, il suo dovere lo ha fatto fino in fondo. Anche quando rifiutò una candidatura col Partito comunista alle politiche in un collegio sicuro, offertagli da Enrico Berlinguer in persona, nel 1972: “Sono un magistrato, non faccio il politico”. Andò in pensione nel 1995, due giorni prima della scadenza, per protesta contro gli scarsi mezzi a disposizione della magistratura. Certamente, perché la magistratura avesse così pochi mezzi per combattere il crimine, dopo Piazza Fontana, lui lo aveva capito perfettamente.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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