Stavolta Ennio Fantastichini ha avuto saturno contro. (di Giampaolo Cassitta)

Ci sono attori che camminano sul palcoscenico con quell’aria da protagonisti e non accetterebbero mai un ruolo da comprimario, perché mica è facile fare la spalla, vivere ai margini della lucentezza. Ennio Fantastichini – un cognome premonitore – è stato il non protagonista per eccellenza. Ha sempre vestito i panni di  personaggi ruvidi, sanguigni, forti e debolissimi nello stesso tempo. E’ stato un grande interprete della commedia italiana e prescelto soprattutto da Ferzan Özpetek in due film bellissimi e struggenti: “Saturno contro” e “Mine vaganti”.
Molti lo ricordano quasi agli esordi in “Porte aperte” di Gianni Amelio  o nel ruolo di faccendiere mandante del delitto di Corrado Cattani, il commissario reso famoso da Michele Placido nella serie televisiva “la Piovra”.
Fantastichini è morto all’età di 63 anni a Napoli, dove era ricoverato da alcune settimane, stroncato dalle complicanze di una leucemia acuta. E’ morto in una città non sua (era nato in provincia di Viterbo, ma aveva sempre vissuto a Roma) quella città che è un palcoscenico vivente che tutto sa accogliere e miscelare tra realtà e fantasia.
Personalmente ho amato moltissimo un film divenuto “cult” negli anni: “Ferie d’Agosto”, del 1996, diretto da un ispiratissimo Virzì e dove Ennio Fantastichini interpretava Ruggero Mazzalupi, un facoltoso proprietario di negozi a Roma, un arricchito, un bottegaio, uno del popolo.
Quella sua faccia divertita, istrionesca, cafona, coatta, quelle parole gettate in faccia all’attore  Silvio Orlando, che interpretava il mondo di  una  sinistra “radical chic”: “Perché voi intellettuali vi atteggiate tanto, fate così ì sofistici, state sempre a criticà, a giudicà, Sapete qual è la verità? La verità è che nun ce state a capì un cazzo, ma da mò!”
Fantastichini è stato il condensato di una serie di personaggi che camminano con una certa disinvoltura tra le contraddizioni di un paese ancora diviso tra radical chic e figli del popolo, un paese pieno di maschere e modi di raccontare il  contorto filo dell’esistenza e lui,  sul palco del belpaese,  è stato uno dei più grandi caratteristi, molto vicino a Gian Maria Volontè.
Nei titoli di coda del suo ultimo film può comparire soltanto, su sfondo nero, un semplice “grazie”.