Sono gli ultimi giorni dell’aprile 1975. Un giovanotto sardo, non ancora trentenne, è seduto sul divano della hall di un hotel australiano, ad Adelaide.
Guarda un film, in attesa che la nave italiana Galileo Galilei lo porti in Messico, dopo aver attraversato l’Oceano Pacifico.
Ad un certo punto, nell’assistere alla trasmissione, gli esplode dentro un sentimento di stupore e indignazione: vede ciò che non aveva mai visto e ne resta impressionato.
Il giovanotto sardo è da quasi un anno impegnato nel giro del mondo in bicicletta e annota ogni sua giornata su un quaderno.
Una pagina la dedica a quel pomeriggio davanti alla televisione, in Australia.
Per la prima volta vede un film interrotto da lunghi annunci pubblicitari. Ne è disgustato, si chiede come sia possibile interrompere un film per magnificare la qualità di una carta igienica.
Il giovanotto sardo non ha molta scuola, ma sensibilità e senso della decenza sufficienti per cogliere, in quella novità, una degenerazione.
Vive all’estero da tanti anni e ha visto il mondo, però la pubblicità in mezzo ad un’opera d’arte lo turba, avverte qualcosa di sinistramente rivoluzionario: “Quando finivano gli annunci pubblicitari e ricominciava il film – scrive – mi ero ormai dimenticato quel che era accaduto prima”.
L’indignazione del cicloamatore sardo è in fondo la stessa espressa dieci anni dopo dai registi italiani, Federico Fellini in testa, quando gli spot dentro i film divennero l’emblema delle nascenti televisioni commerciali.
Ho sorriso, assuefatto come sono all’arrogante invasione delle réclame, nel leggere quell’ingenuo sfogo del pedalatore sardo.
Ma appunto vedendo quell’invasione sempre più sfrontata, infilata in ogni interstizio sulle home dei quotidiani online e in apertura di ogni video su youtube, io mi sono chiesto se la normalità sia lo stupore di quel sardo, quarantasei anni fa, o la nostra accettazione odierna di un fenomeno dalle forme sempre più ambigue.
Ieri ho trovato un articolo su un’iniziativa benefica di Chiara Ferragni, riportato con ampio risalto sulla homepage di un quotidiano nazionale.
Ma nel leggere il pezzo mi sono reso conto che era, in realtà, l’annuncio di un’iniziativa commerciale. L’influenzatrice ha lanciato una linea di articoli per la scuola ma, dal titolo, l’intrapresa sembrava piuttosto una campagna filantropica.
Il ciclista sardo, in Australia, protestò per la pubblicità che interrompeva il film. Ma almeno era chiaro quando finisse il film e quando iniziava la pubblicità.
Ora questo confine è diventato quasi impercettibile.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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