E’ da tanto che non pianto un piede in un riccio. Peccato non ce ne siano quasi più. E comunque molti meno di una volta. Pare ci siano vere e proprie spedizioni notturne per raccoglierli a nord e portarseli, venderseli e mangiarseli a sud, Cagliari e dintorni, dove le colonie sono state già abbondantemente razziate. Così, non posso pungermi neanche volendo e mi levano pure la soddisfazione di godere per le punture altrui.
La discussione che ha tenuto banco in questi giorni su Sardegna Blogger ha portato alla luce il peggio del nostro ambiguo e, a volte, tormentato rapporto con il turismo e i turisti. A me pare che tutto parta da un equivoco originato da una classificazione che ha poco senso. L’imbecille esiste a prescindere da ciò che fa. L’imbecille che viaggia è un turista imbecille. Quando torna a casa, smette di fare il turista ma resta imbecille. E’ pieno il mondo di imbecilli, Sardegna compresa. L’imbecille sardo che va in vacanza in Trentino, si trasforma in turista imbecille nel momento in cui decide di scalare una montagna innevata con i mocassini e si lamenta perché non c’è un negozio di scarpe nelle vicinanze. Quando ritorna a casa, smette le vesti di turista ma resta un perfetto imbecille.
Per questo, tutto sommato, la diatriba tra turisti offesi e residenti col dente avvelenato ha davvero poco senso. A mio avviso dovremmo invece capire se davvero il turismo sia una nostra vocazione, se davvero puntiamo a farne la prima industria dell’isola, se siamo in grado di costruire un sistema che consenta di sfruttare le meraviglie che la Natura ci ha amabilmente regalato. E dunque, due o tre cosette vanno ricordate.
Per arrivare in Sardegna occorre attraversare il mare. Quella traversata, oggi, la si fa praticamente sulle navi di un solo armatore, a prezzi esorbitanti. Questo armatore non è sardo. Dalla notte dei tempi chiunque governi questa nostra isola prova senza successo a risolvere una questione semplice semplice: evitare che l’insularità sia un handicap per chi ci abita e per chi intende raggiungerci, per chi vorrebbe andare a Roma senza dover accendere un mutuo e anche per chi lavora e campa grazie al turismo, direttamente e nell’indotto. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Oggi, senza il calo delle tariffe aeree imposto dal successo delle compagnie low cost, saremmo davvero in un brutto guaio.
Nonostante le bella parole, oggi come oggi, non siamo in grado di offrire servizi adeguati alla nostra “caratura”. L’assistenza sanitaria ha enormi lacune (provate a sentirvi male una sera d’estate e finire al pronto soccorso di una delle nostre città, cosiddette, turistiche); i trasporti sono al limite dell’indecenza (treni antidiluviani che nessuno utilizza, strade pericolose, taxi salatissimi e sul capitolo autobus sarà meglio stendere un velo pietoso); cartellonistica stradale assente per molti siti archeologici segnalati sulle mappe; negozi chiusi con migliaia di croceristi in giro a vagare, spaesati, nel nulla; spiagge da fantascienza devolute ai militari per i loro giochetti di guerra; preziosi tratti di costa inquinati da industrie pesanti mai tenute sotto controllo; ambiente e salute barattati con un pugno di buste paga.
Si, ricci non se ne trovano più. Ma le spine, quelle, davvero non mancano.
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