Bisogna aggrapparsi alle piccole cose per trovare la speranza. Qualche giorno fa i ragazzi della scuola in cui insegno hanno partecipato ad un seminario sull’immigrazione. Tra i relatori c’era la professoressa Anna Maria Fantauzzi, docente universitaria a Torino e in altre università del mondo. Benché molto giovane, la etnopsichiatra Fantauzzi si occupa sul campo di immigrazione: da volontaria, salvando e curando i ragazzi buttati sulle bagnarole che attraversano il Mediterraneo. Agli studenti, la professoressa Fantauzzi ha raccontato quel che ha visto coi suoi occhi. In particolare, l’orrore dei bambini sezionati per rubare ai loro corpi organi da rivendere al mercato nero dei trapianti. Lo ha fatto usando parole crude ed espressioni persino violente, perché restassero come cicatrici nel cervello dei ragazzi cui si rivolgeva. Il giorno dopo, mentre interrogavo la strage degli amerindi, una studentessa mi ha confidato di voler prendere contatti con la professoressa per offrirsi come volontaria nell’aiuto e nell’accoglienza dei migranti, non appena i suoi impegni scolastici glielo permetteranno. Oggi la notizia del mio blog è questa. E siccome voi siete lettori intelligenti, non c’è bisogno che spieghi tutta la speranza che contiene.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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