Mentre leggete queste righe, se qualcuno le leggerà, è in corso a Sassari un convegno della fondazione Sardegna Europa, creata da Renato Soru lo scorso anno. Si sta parlando, in questo convegno, di politiche giovanili per il lavoro. Escluso Soru, che avrà l’ultima parola, i relatori sono sette: docenti universitari, sindacalisti, dirigenti regionali, esperti di comunicazione e l’amministratore delegato di Open Campus Alice Soru. Sì, la figlia di Renato, chiamata ad intervenire nella veste di esperta di startup aziendali, ramo di cui si occupa appunto Open Campus. Quando ho letto la locandina del convegno, devo dire che ci sono rimasto male. Io non ho nulla contro Alice Soru, che non conosco e sono sicuro essere manager preparata, ma questo mescolarsi di affetti privati e ruolo pubblico in un convegno mi pare il tradimento di una vocazione, un gesto significativo circa l’evoluzione del politico Renato Soru. Non ho difficoltà ad ammettere di essere stato un suo grande sostenitore. Gli riconoscevo una carica di innovazione sconosciuta alla politica sarda e il coraggio di aver combattuto i traffici di massoneria e palazzinari che avevano sempre dettato legge in Sardegna. Gli attribuivo il ruolo di uomo contro il sistema e i suoi vizi. Questa carica di novità, nel primo Soru, si è tradotta anche in certi suoi ruvidi atteggiamenti, perché governare la Sardegna demolendo vecchie abitudini significava innanzitutto non guardare in faccia a nessuno. Ora, secondo me quel messaggio di rottura è sfumato se uno come Soru, politicamente impegnato e con ambizioni molto chiare, chiama la figlia a parlare ad un convegno pubblico, riproponendo la logica del padre che prepara il terreno al figlio. Forse me lo sarei aspettato da altri politici, ma da Soru no. Ripeto, non sono qui in discussione la capacità e la preparazione di Alice Soru, è in discussione l’opportunità che i figli possano approfittare delle posizioni costruite dai padri. Alice Soru si occupa di startup, certo, ma secondo l’ultimo rapporto del Registro delle imprese in Sardegna di startup ce ne sono 153: non mancava il materiale umano per chiamare ad intervenire anche qualcun altro, con un cognome diverso. Qualcuno obietterà che Soru ai suoi convegni invita chi vuole. Nessuno lo discute, così come nessuno può impedirmi di pensare che certi scivoloni rivelino il suo essersi omologato al sistema. Ho conosciuto direttori di giornale che hanno assunto al giornale le loro mogli, ho conosciuto consiglieri regionali che hanno assunto i loro padri come portaborse. Chiamare una figlia a parlare ad un convegno è certo peccato molto più lieve, però trasmette l’impressione di una politica che non riesce a distinguere tra sfera pubblica e privata. Io da Soru mi aspettavo qualcosa di diverso.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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