L’avevo visto per la prima volta in una trasmissione per ragazzi, credo fosse Tandem, agli inizi degli anni ottanta. Mi colpì quel sorriso che pareva sguaiato. Ma sincero. Poi, Fabrizio Frizzi ha finito per essere un volto comune, uno che in televisione ci viveva. Ho seguito molte puntate di “scommettiamo che” e qualche Miss Italia. Lui sempre presente, sorridente, pronto a giocare con i concorrenti. Frizzi era quello che tutti possiamo chiamare “normalità”, era un misto di Corrado e Pippo Baudo, era ciò che tutti guardavano senza invidia. Quel matrimonio con Rita Della Chiesa che tanto fece discutere, quel divorzio “gentile”, dove i due rimasero buoni amici. Frizzi era dolce dove c’era troppo amaro, era verde laddove non c’erano i colori e amava giocare anche in luoghi apparentemente seri. Poi quel pit-stop a Novembre, la corsa in ospedale, il rientro in televisione. Pareva tutto finito, tutto superato. Aveva 60 anni Frizzi. Praticamente la mia età. Combatteva questa strana battaglia con la vità con grande dignità. Per come è morto mi ricorda Massimo Troisi. Due mondi apparentemente lontani che regalavano però la stessa rara merce: sorrisi. Ricordo che la trasmissione della “ghigliottina” la seguiva anche Umberto Eco. Ammetto che il finale lo guardavo molto spesso. Mi piaceva provare a giocare con le parole e provare a trovare una soluzione che, quando si ferma il cuore non esiste più. “E tu lo sai, com’è che fa ‘o core”. Cantata da Pino Daniele, scritta da Massimo Troisi e, aggiungo, con il sorriso di Fabrizio Frizzi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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