E’ una gradevole incursione italiana nel teatro neo boulevardier parigino – quello moderno, finemente e realisticamente borghese – questo “Le sorellastre” di Ottavia Bianchi allestito dalla compagnia Altrove Teatro Studio e rappresentato all’Astra di Sassari come nuovo appuntamento del XXXII Festival “Etnia e teatralità” organizzato dalla Compagnia Teatro Sassari. Chiariamo. Se “boulevardier” aveva nell’Ottocento una connotazione negativa, sinonimo di superficialità e intrattenimento senza polpa coniato per colpire autori e attori che si ribellavano all’accademia rivolgendosi a una classe di pubblico non popolare ma neppure conformista, ai giorni nostri il termine assume, nel suo nuovo internazionalismo, un’accezione opposta. Sempre borghese, non ci sono dubbi, ma una borghesia colta e tesa a una raffinata e costante autocritica sui proprio valori e, soprattutto, sui propri comportamenti: irrinunciabili ma letali. Pièce come “Le prénom”, di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, o “Le Dieu du carnage”, di Yasmina Reza, hanno fatto e ancora fanno il giro del mondo nelle versioni originali, in riletture drammaturgiche o rese in film di enorme successo. Il tema, come appunto ne “Le sorellastre”, è quello della riunione in uno spazio preferibilmente domestico di un collettivo borghese, familiare o amicale, generalmente colto e anticonformista, nel quale, punzecchiate da detonatori più o meno casuali e più o meno drammatici, esplodono contraddizioni furiose e apparentemente insanabili. Alle volte si sanano, o si finge di sanarle. Ma poco importa, perché resta la verità che il lampo dello scoppio ha messo in luce: la crisi di un mondo che nascondeva e che, una volta raggiunto e superato il climax narrativo, continuerà a nascondere desideri e odi, vendette e frustrazioni sotto la nebbia delle convenzioni. Sono drammi, certo, tuttavia ironici, di tanto in tanto esplicitamente comici, che scavano in due aspetti di questo mondo in rovina: quello sociale e quello psicologico, con preferenze per quest’ultimo. E quale ambiente migliore della famiglia per fare scoppiare questa nuova bomba? Ottavia Bianchi, scegliendo quest’ultimo set sociale per la sua opera, ha composto un affascinante modello di questo raffinato genere drammaturgico. All’origine della riunione tra le quattro sorelle, una causa qualsiasi, cioè il cadavere della madre da vegliare, contenuto in una evidentissima bara collocata a mo’ di quinto personaggio, una sorta di convitato non di pietra ma di carne e vecchie ossa, al centro della scena, un salotto arredato di tutto punto. Intorno al corpo morto si impernia una faccenda di inusitate eredità e di un gioco da tavolo da fare subito per potersi intascare i soldi. Tutte scuse, naturalmente per fare parlare le sorelle, che riveleranno, ciascuna, i propri traumi esistenziali che attingono a problemi quali il rapporto di coppia, il ruolo della donna, l’omosessualità, il razzismo ecc. E, sullo sfondo, il teso e difficile rapporto di questa famiglia. Se “Le sorellastre” si differenzia dal genere, è nel percorso. Di solito si parte da una situazione di apparente calma, da problemi banali quali la lite tra due figli o il nome da scegliere per un bambino in arrivo, per arrivare alla rivelazione della ferocia e dell’odio; qui invece il filo narrativo, avviluppato all’inizio in una conclamata tensione familiare, si dipana in una ricomposizione di affetti. Ma la strada attraversa, in una abile e serrata concertazione (ottima a proposito la regia di Giorgio Latini), quattro psicodrammi indipendenti che, riuniti, forniscono una immagine familiare infernale e insieme consolante. Buona la prova attoriale delle quattro sorelle: la stessa Ottavia Bianchi, Patrizia Ciabatta, Beatrice Gattai e Giulia Santilli. Ciascuna evidenzia con efficacia addirittura plastica una propria indole, caratteri a seconda del personaggio riflessivi o aggressivi, scaltri o ingenui che si fondono in un coro familiare ma non familistico, teso e ironico, che porta questo allestimento all’ottimo livello che il pubblico dell’Astra ha apprezzato con lunghi applausi e numerose chiamate dopo la chiusura del sipario.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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