C’è un video, prodotto da Save the Children, che tratteggia velocemente la vita di una ragazzina come tante altre, i giochi, lo studio, la televisione, i momenti spensierati, il soffio della torta il giorno del compleanno.
Una bambina come tante, in un luogo imprecisato della terra, forse in Europa.
Con un crescendo angosciante, la vita della bambina, inizialmente ignara, cambia. Cronache concitate in televisione, i genitori che parlano sottovoce, preoccupati. Agitazione. Viene a mancare la luce sempre più spesso.
Esplode il dramma, e la vita di quella bambina diventa un inferno.
Il fatto che la guerra sia lontana, non significa che non ci sia, recita il filmato.
Il prosieguo naturale di quel video, ispirato alla guerra in Siria, è la foto dei cadaveri dei bambini che galleggiano nel mare, qui, da noi.
La Siria, paese posto in una posizione strategica, fino a pochi anni or sono aveva una economia solida, un benessere abbastanza diffuso, buoni affari internazionali, scuole efficienti, sanità discreta, porti e aeroporti funzionanti. E la disgrazia di avere una specie di dittatore al governo. Anzi, una doppia disgrazia, perché Assad, oltre ad essere un dittatore, non si faceva mettere il piede in testa da americani, europei, israeliani.
Per anni la Siria è stata considerata uno stato canaglia, nemico dell’Occidente. Per quali motivi, non è dato sapere.
Però sappiamo che nel 2011 la Siria ha deciso la costruzione di un metanodotto che proviene dal più grande giacimento del mondo, in Iran, con la creazione, di fatto, di un canale di distribuzione autonoma di gas verso l’occidente.
La guerra civile è scoppiata nel 2011.
E’ iniziata con le proteste della cosiddetta primavera araba. Tra i contestatori si sono infiltrati dei ribelli, a quanto pare addestrati e armati dai paesi occidentali e loro alleati, USA, Turchia, Francia, Regno Unito, Arabia Saudita, Qatar. Paesi che operano con specialisti, sembra essere ormai accertato, direttamente nel teatro di guerra, con il pretesto di aiutare i ribelli a rovesciare il dittatore.
Poco importa che questi ribelli, ormai, siano guidati da pericolosi fondamentalisti a maggioranza salafita, con lo scopo di rovesciare un governo laico per impiantarne uno fondamentalista.
Si ricorderà l’escalation bellico tentato dagli USA, per voce del suo presidente “pacifista”, con Francia, Turchia e, in un primo momento, Regno Unito, pronti all’attacco, con il pretesto, mai dimostrato, dell’uso di armi chimiche da parte di Assad.
Con le proteste del Vaticano, il diniego dell’Italia, della Cina e di altri paesi e la mediazione della Russia, la guerra fu evitata.
Non fu evitata la distruzione della Siria, con una guerra civile drammatica, atroce, devastante, dove sia il governo legittimamente eletto che i ribelli fondamentalisti non hanno risparmiato atrocità e crudeltà. Sullo sfondo, l’avanzata dello stato islamico fondamentalista dell’Isis, tra l’indifferenza di tutti, curdi a parte.
La Siria è un paese distrutto, allo sbando e, forse, si spiega così la rinuncia a quella guerra. Non ce n’era bisogno, ci sono altri sistemi, ora, per distruggere un paese.
Un paese con una economia forte, con una grande storia e cultura, oggi non esiste più, non ha futuro, e la gente non può fare altro che scappare, perché restare significa rischiare di morire, o peggio, di vedere morire i propri figli, i propri bambini.
Dietro quei cadaveri che galleggiano, stavolta, ci sono esseri umani che fino a ieri vivevano sereni e tranquilli nelle loro case. La retorica razzista confonde il mondo, e gli immigrati sono una entità astratta e pretestuosa, senza storia, proveniente da luoghi confusi e imprecisati. Non importa da dove provengano e quale storia abbiano, ciò che importa è che siano poveri e disgraziati, e quindi disprezzabili e immeritevoli. Il metro del valore, in un mondo sempre più riduzionista e analfabeta funzionale, si misura con i soldi e la fortuna che ti porti appresso. Vengono a portarci via, a noi che siamo superiori, la roba, la nostra roba.
Mentre il Regno Unito chiude le frontiere, la Germania, forse per rifarsi una immagine ai minimi storici dai tempi del nazismo, per bocca del suo premier, dichiara che “l’Italia non deve essere lasciata sola nell’affrontare l’emergenza profughi” e decide di aprire almeno ai profughi siriani.
L’Europa, di fronte ad un dramma simile, nel suo mare, il mare della sua culla, della sua civiltà, non sa bene cosa fare e non ha una politica univoca. Pare guidata dall’imperativo dell’immagine, che è ciò che preme di più ai governi. Impazza la demagogia di personaggi squallidi, infidi e sottovalutati nella loro pericolosità, come i tanti salvini che pullulano, sbraitano e occupano le televisioni del vecchio continente.
Non so se la cosa possa fare differenza, per me la fa. Il fatto che la Siria fosse, solo fino a quattro anni fa, un paese, come dire, simile al nostro, mi induce a pensare che, in fondo, anche da loro tutto possa essere iniziato con degli estremisti, con dei salvini che agitavano le folle e incitavano all’odio.
Forse anche in Siria tutto è iniziato così.
La storia, nel tempo, da un versante asciuga lacrime, satura ferite, lenisce cicatrici, dall’altro batte la lingua imbevuta nell’arsenico, sparge il seme avvelenato, soffia avidità e cinismo, matura i suoi incubi notturni, i suoi frutti guasti altrove.
Siamo sulla buona strada.
Domani, un giorno, potremo essere noi italiani, noi europei, ammassati nelle stive dei barconi, nei vagoni dei treni merci, nel cassone degli autocarri, nei bagagliai delle auto, a sfuggire ad una guerra provocata del nostro stesso, cieco odio. Diretti, con quegli strani scherzi che la storia spesso riserva, in cerca di salvezza, verso le coste orientali del Mediterraneo.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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