Sono favorevole all’eutanasia. Lo dico con cognizione di causa, lo dico perché amo la vita e lo dico perché se è vero che tutto vale d’essere vissuto è anche vero che tutto può e deve avere una fine. Siamo solo un attimo dentro un universo che neppure conosciamo, siamo il puntino che si illumina e prova a controllare le pulsazioni di una materia quasi sconosciuta e che si scontra con l’eternità. Siamo e non siamo. Quando respiriamo, quando sorridiamo, quando piangiamo, quando soffriamo abbiamo una valigia di gesti e di voglie che si racchiudono nel concetto di vita stesso. Siamo attaccati alla vita, è vero. Come siamo lontani dalla morte. Per questo motivo sono favorevole all’eutanasia o al suicidio assistito. Sono favorevole, da sempre, all’autodeterminazione dei popoli e quindi figuriamoci se mi metto a discutere certe scelte personali. Anche il suicidio – seppure mi lascia alquanto perplesso – è una scelta che l’individuo compie. Sono stato sfiorato molte volte dalle malattie e da persone che conoscevo o ritenevo di conoscere molto bene che hanno detto addio alla vita scegliendo di andarsene senza neppure voltarsi indietro; altre che si auguravano una morte che non arrivava e sopravvivevano con quell’esile speranza e con la mancanza di coraggio per spegnere la luce. Ho anche visto amici, parenti, conoscenti, affrontare la malattia con dignità ma con gli occhi rivolti verso il vuoto e verso la consapevolezza che tutto ciò era destinato a finire. Ho accompagnato mia madre negli abissi dell’alzheimer senza avere nessuna possibilità, senza poter costruire nessun percorso se non provare – malamente credo – a riportarla nelle strade dell’attualità attraverso i ricordi. Se ne parla sempre poco del fine vita, si ha una naturale riottosità, una voglia di nascondere quello che tutti vedono come un problema, quasi fosse una colpa o una vergogna. Sono morti, nel giro di pochi mesi, due miei carissimi amici. Avevano entrambi un tumore al pancreas. Il primo si preoccupava di lasciare le carte della pensione in ordine affinché la moglie e i figli potessero continuare a vivere con tranquillità; la seconda aveva solo il cruccio di non riuscire a vedere i propri figli laurearsi. Sono morti, entrambi, con il dolore fuori e dentro. Forse, con l’eutanasia, si sarebbero risparmiati quegli ultimi giorni dove l’unica attività era guardare con disperazione un muro bianco in attesa che cambiasse colore. Per sempre. Sono favorevole all’eutanasia perché ho rispetto per la vita. Per la vita vera, quella che ha la dignità della narrazione, quella che raccoglie i ricordi e li spiattella davanti, quella vita che è gonfia di colori e di suoni, quella vita che tutti abbiamo diritto a scrivere e raccontare. Decidere di interrompere per stanchezza, per paura, per tristezza e, soprattutto, per dolore, è un atto da rispettare. L’aspetto religioso ci porta su un campo difficile. Siamo una vita intera che uccidiamo in nome di un Dio, che distruggiamo in nome di un Dio, che accusiamo in nome di un Dio che non ci ha mai chiesto di farlo. Siamo nelle mani di uomini che spiegano, in nome di qualsiasi Dio, come ci dobbiamo comportare. Non discuto e non entro nel merito. Ognuno è libero di amare il proprio Dio. Io sono per l’eutanasia perché credo in Dio. In un Dio benevolo, accogliente, disposto a comprendere e sicuramente non complice di donare dolore a chi quotidianamente lo pensa e lo adora. Un Dio che è per la vita e non per la sofferenza, un Dio che è per l’amore e non per la tristezza. Un Dio che ama i suoi credenti, che ha un dialogo con loro. Un Dio che salverebbe, per esempio, dei ragazzi naufraghi in mare e farebbe di tutto per aiutare le donne in difficoltà. Capisco che è difficile ed infatti credo si debba parcheggiare il proprio pensiero su uno spiazzo laico, condivisibile da tutti: amo la vita, quella che tutti sono in grado di raccontare con entusiasmo, con trasporto, con gioia. E amo chi decide di recidere l’ultimo miglio. Lo amo e lo rispetto. Perché la vita vale sempre d’essere vissuta ma è una battaglia tra il singolo e tutto il resto. E’ un diritto, deve essere un diritto individuare il modo per continuare, anche se questa scelta può non collimare con la nostra. Sono favorevole all’eutanasia. Per rispetto, per amore, per dignità. E rispetto, ovviamente, chi non la pensa come me. Ma non costruisco barricate, non pongo veti, non ricatto mettendo sul tavolo il mio credo, le mie convinzioni. Lasciate scegliere al proprietario della propria anima. E’ un suo diritto. E’ una sua insindacabile libertà.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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