Siamo dunque arrivati alla schedatura dei Rom e ora aspetto, fiducioso, che a sinistra qualcuno plauda all’iniziativa del ministro dell’Interno. Prima o poi arriverà. Devo dire che ormai è difficile distinguere certi opinionisti di sinistra da un qualunque seguace di Salvini. Sia gli uni che gli altri evocano con disprezzo la “retorica di sinistra”, irridono chi insiste sul dovere dell’accoglienza, si scocciano se si ricorda loro che le migrazioni sono un fenomeno sempre esistito, dai Cimbri ai Teutoni ai Longobardi e se si sostiene che, tutto sommato, non c’è nulla di davvero eccezionale in quel che stiamo vivendo, se non la nostra incapacità di accettarlo.
Sia gli uni che gli altri si scocciano se si raffronta il presente alle strazianti storie di migrazione degli italiani, sia agli uni che agli altri è inutile spiegare che i 29 milioni di migranti del nostro Paese non sono un argomento da duello dialettico su Facebook ma un modo per ricordare che la storia è ciclica e rivive se stessa. A scuola si fa una fatica enorme per insegnare ai ragazzi che tutto il corso dell’umanità è fatto di movimenti di popoli, tutta la storia ne è figlia: ora pare che il patrimonio di testimonianza del nostro passato sia diventato un fastidio, anche a sinistra.
Sia gli uni che gli altri dicono che bisogna capire cosa fanno, questi migranti, quando arrivano in Europa: giusto! E che ne dite di capire anche cosa facevano nei posti da cui sono arrivati? Mettiamo sui piatti della bilancia la loro vita in Africa e la loro vita in Europa e poi vediamo da quale parte pende la bilancia, su quale dei due piatti pesano di più speranza e opportunità. L’unica cosa da fare, anziché ridurre tutto ad una tabella excel con numero di migranti per anno, sarebbe stata andare da ciascuno degli ostaggi della Aquarius e chiedere loro: perché vi siete imbarcati, perché desiderate l’Europa, cosa cercate dal futuro, qualcuno vi ha costretto a correre questo rischio puntandovi una pistola alla tempia? Solo chi ha deciso di mettere in gioco la propria vita può davvero rispondere a queste domande. Invece no, teorie complottiste sul grande capitale che cerca manodopera a basso costo e costringe la gente ad emigrare. Ma, dico, questo valeva anche per i 400982 sardi che dal 1955 al 1971 hanno abbandonato la Sardegna (fonte: “L’emigrazione in Sardegna”, Nereide Rudas, 1974). Nel senso, era qualcuno che li costringeva con la minaccia, esclusa la fame?
C’è una sinistra che dicendo che è sempre colpa della sinistra fa il gioco di Salvini. Una sinistra che dice che bisogna prendere esempio da Salvini, altrimenti si perderà sempre. Scusate un momento: ma avrà senso vincere, se per vincere occorre scimmiottare Salvini e sposare la politica del ciascuno a casa propria, chiudendo frontiere e menti? Vincere per fare il Salvini? Ma stiamo scherzando? Se il prezzo è questo, meglio perdere. Aspettando che passi la nottata evocata ieri da Cosimo Filigheddu. Perché porre come modello Salvini significa inseguirlo e magari anche imitarlo nell’ultima, enorme proposta: la schedatura dei Rom. Siamo sicuri che rinnegando i valori storici della sinistra, martellandosi continuamente i coglioni coi sensi di colpa e ripudiando il dovere morale dell’accoglienza si stia seguendo la strada giusta e non, piuttosto, finendo col confondersi nella pazzia generale?
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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