In fondo sono solo canzonette. Mai prendere sul serio i “chansonnier”, gente stravagante che mischia le parole con musica popolare. Quattro accordi e invettive o storie piccole e malvissute, lacrime di paese, incontro fortuiti, tradimenti. Però quelle canzoni poi, in silenzio le cantiamo, di nascosto le cantiamo, con gioia intima le cantiamo, anche se sono solo canzonette. La definizione è di Eodardo Bennato che, essendo nato il 23 luglio 1946 oggi compie settant’anni. Un rocker anomalo, un arruffapopolo con chitarra e armonica. Uno che ha anche la laurea in tasca – di architettura – e che utilizzò la sua tesi per la copertina di un suo Long playing: “Io che non sono l’imperatore”. Inutile dire che con le canzoni di Eodardo Bennato ci ho vissuto, convissuto e costruito un pezzo della mia adolescenza. Da “Un giorno credi” a “Feste di piazza” passando per “Signor censore”, “Franz è il mio nome” e concludendo con “Sono solo canzonette”. Bennato, in fondo, è un affare per gli strimpellatori: le sue canzoni girano a meraviglia con pochi e semplici accordi e si imparano subito a memoria. E poi, lasciatevelo dire: fanno sangue. Abbiamo cantato nelle notti magiche, ben prima di inseguire un gol (tra l’altro era una sua canzone cantata con Gianna Nannini in occasione dei mondiali del 1990) “situazioni che stancamente si ripetono senza tempo” i ricordi intorno ai “Campi Flegrei, gente che va”. Dentro le canzoni di Bennato, come in quelle di Pino Daniele c’è Napoli. Ma sono due Napoli essenzialmente diverse. Irriverente la prima, malinconica la seconda. Spiccia quella di Bennato, ricercata quella di Pino Daniele. Due Napoli che si raccontano: si scopre, per esempio, che Nisida è un’isola e nessuno lo sa e che occorre attendere che spiova perché, come ricorda il grande Eduardo, ’a nuttata ha da passà. Edoardo Bennato è ricordato per canzoni che, tutto sommato sono frutto di giochi commerciali: L’isola che non c’è (seconda stella a destra, questo è il cammino) Il gatto e la volpe, Ogni favola è un gioco, Le ragazze e, soprattutto, Viva la mamma. Sono solo canzonette, certo. Ma alcune cose di Bennato sono davvero apprezzabili: Una settimana, un giorno, per esempio e la bellissima “Feste di piazza” con un testo di Fabrizio Trampetti, componente della Nuova compagnia di canto popolare. Se settant’anni vi sembran pochi (o troppi) recuperatevi il vecchio vinile di Joe Sarnataro (pseudonimo con il quale Bennato pubblicò un unico disco nel 1992) e canticchiate “E’ asciuto pazzo ‘o padrone” dedicato a Diego Armando Maradona. Capirete perché Napoli ha mille facce, mille volti, mille storie ma una sola poesia.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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