La diffidenza della gente, così come la mia, forse poggia su fondamenta di burro – mi sono detta – Costruite da risultati allarmanti, statistiche minacciose che evidenziano interminabili attese per una visita, o tragici casi di malasanità.
Ho perciò messo da parte l’idea che l’Italia dei camici bianchi sia solo quella delle morti inspiegabili dopo interventi chirurgici, o dell’incuria nelle corsie degli ospedali. Ho provato a convincermi che dovevo smetterla di rivolgermi ad un servizio sanitario senza fidarmi di lui. Probabilmente noi italiani siamo così, cerchiamo capri espiatori dappertutto: negli tsunami, nei maremoti, nel maltempo, nelle diagnosi errate.
Sono gli ultimi giorni di ottobre, ritiro il referto delle analisi del sangue, un valore sballato e ho bisogno di uno specialista. Nessun pericolo di vita ma la necessità di una terapia, abbastanza urgente. – Pronto CUP, dovrei prenotare una visita specialistica – – La prima disponibile è per il 19 febbraio –
Prenoto e, nel frattempo, mi rivolgo ad uno specialista privato.
Mi reco nello studio, la sua puntualità è piacevolmente disarmante: alle 17.10 mi aveva detto, alle 17.05 lui congeda l’altro paziente. Una visita accuratissima, la sua preparazione è fuori dal comune, una professionalità ineccepibile che mi spinge a pensare, in un nanosecondo, di essere in buone mani. Mi spiega bene la diagnosi, la terapia, mi fa i disegnini nel bloc notes poggiato sulla scrivania. “Perde” quasi un’ora ad illustrarmi che se facciamo così, succede questo perché… e fa il disegnino. Se facciamo colà, succede quest’altro… e giù un altro disegnino. Intercala con battute simpatiche, sdrammatizza ma mi sgrida anche, per la mia scarsa solerzia nell’eseguire esami prescritti anni fa e mai eseguiti, o espletati in clamoroso ritardo. Mi dice “lei è una disgraziata”, che indiscutibilmente merito, accompagnato da un sorriso bonario, e in quell’istante ha il sapore del buffetto sulla guancia di una bambina. Mentre fa l’ecografia, minuziosa e accurata, volge lo schermo verso i miei occhi e spiega ogni ombra ed ogni trasparenza.
Altri venti minuti a esporre e commentare quell’immagine insieme a me, sembra un critico d’arte che interpreta una tela davanti ad una platea di appassionati. – Quanto le devo? – domando sazia e soddisfatta al termine della visita.
– Vede signora mia, la tariffa standard sarebbe [@###]. Ovvero[@###] per la visita e [@###] per l’ecografia. Ma sa cosa succedeva dopo l’alluvione? Che pazienti a cui la pioggia non aveva causato nulla mi chiedessero lo sconto perché alluvionati e pazienti che, invece, avevano perso tutto non domandassero nulla per pudore e orgoglio. Quindi ho deciso che, a prescindere dai danni subìti, per un anno applicherò lo sconto a tutti. Questa è la prima visita, e lei pagherà solo questa. Poi faremo qualche altra visita di controllo durante la terapia, ma non voglio più un centesimo fino a che non l’avrò rimessa in sesto completamente.” – Grazie, allora. – gli sorrido mentre gli stringo la mano e penso che la parcella ammonta più o meno alla metà di quel che mi aspettavo. – Grazie a lei e le ricordo che nella mia carta intestata c’è la mail. Se ha il minimo dubbio, se le viene in mente qualche domanda che durante la visita si è dimentica, se ha bisogno di qualsiasi informazione non esiti ad usarla. Solitamente rispondo in giornata, al più tardi il mattino successivo. –
Me ne vado via, contenta di pagare la parcella di un medico coscienzioso che dà l’impressione di voler morire con il malato, se non possono guarire insieme.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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