Questa storia è lunga sessant’anni e da un capo all’altro milletrecento chilometri. Dovrò omettere nomi e alcuni particolari, perché non sono autorizzato dai protagonisti a rivelarli. Ma quel che scriverò è tutto vero. È il 1943. Lui è un giovane sardo, sposato con figli in un paese del sassarese, e veste l’uniforme da ufficiale della divisione Acqui. L’esercito lo ha spedito a Corfù per difendere quelle poche decine di chilometri quadrati occupati da Mussolini un paio d’anni prima, nel pieno vigore dell’espansione nazifascista. Scusate la banalità: Corfù è un paradiso, un corno di terra lungo sessanta chilometri con una spiaggia bianca su mare turchese ogni tre passi. Viene l’8 settembre e agli occhi dei tedeschi gli italiani diventano traditori infami: l’odio ha il colore rosso del sangue, stinto nel mare profondo in cui vennero gettati i cadaveri dei soldati della Acqui. È una strage ampiamente raccontata dai libri di storia. Ma il soldato sardo si salva: arruolato dagli ufficiali nazisti come calzolaio, sfugge dall’eccidio. Resta a Corfù fino alla fine della guerra, poi attraversa lo Jonio e sbarca a Bari. Una commissione militare lo interroga, pretendendo una giustificazione plausibile alla colpa di essere sopravvissuto al massacro. Poi torna in Sardegna, dai suoi affetti. Riabbraccia la moglie, nascono altri figli, la vita continua, la violenza della guerra scompare nel pozzo del tempo e forse anche il turchese del mare, nell’isola lontana, non era indelebile. Passano sessant’anni. Una figlia del soldato rovista tra le cose di babbo e mamma, riordinando una camera della casa di famiglia. Scova una scatola, la apre e un istante dopo si ritrova tra le mani un mazzo di lettere consumate dal tempo. Le legge tutte, avidamente, l’animo fluttuando tra rabbioso ribollir di sangue e tenerezza. C’era un’altra donna, nella vita di babbo, un amore nascosto negli anni a Corfù del soldato sardo. La figlia sventola i fogli davanti al padre, chiedendo spiegazioni. E il padre le svela questa giovane donna, bella e colta, conosciuta nei suoi anni sull’Isola greca, vita raggiante tra bombe, baionette, cadaveri. Si erano scritti per molti anni ancora, segretamente, perché non si poteva abbandonare quel fiore spuntato in mezzo alla guerra Quando lo dicono alla moglie, lei affronta il marito a testa bassa, delusa e ferita. Le donne, in questi casi, non si fermano sul ciglio della verità. E infatti la figlia vuole saperne di più, vuole sapere se quella donna è esistita davvero Chiama il console greco, descrive la ragazza di Corfù, lo supplica di cercarla. Il console prende nota, non promette nulla e chiede qualche giorno di tempo. Una settimana dopo squilla il telefono nella casa del soldato sardo, ormai vecchio. È il console: quella donna è esistita. Anzi, esiste: è viva. “Io mi fermo qui”, conclude il diplomatico, lasciando i recapiti di quella vecchia passione alla figlia del soldato. La figlia compone quel numero. Lei, la ragazza di Corfù, parla benissimo l’italiano ma quando quella voce sconosciuta cerca di condurla al 1943 non ricorda o finge di non ricordare. Poi ricorda, ammette, conferma. Ora la figlia passa la cornetta al padre. Sentono l’uno la voce dell’altra, sessant’anni dopo. Il vecchio soldato della Acqui, travolto dall’emozione, sente le ginocchia cedere. Sta male, un ictus aggredisce il suo fisico. Ma il cuore regge e la scampa anche stavolta, come nel 1943. Si sentono al telefono tante altre volte, la ragazza di Corfù parla anche con la moglie del soldato, che da donna intelligente ha capito, accettato, perdonato, semmai ci fosse qualcosa da perdonare. Promettono di rivedersi, combinano incontri che puntualmente saltano. Il soldato sardo è morto pochi anni fa, la ragazza di Corfù lo ha seguito poche settimane dopo. Non si sono mai più rivisti.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design