Con quello sguardo perennemente corrucciato, come uno che guarda chi gli sta attorno con tracotanza e superiorità, le prime volte di Alfano davanti ad una telecamera me le ricordo bene. Non lo conosceva nessuno, ma nello studio era una presenza costante tra il pubblico. Vegliava le spalle dell’ospite politico di turno per il centrodestra, lasciandosi andare a incontenibili applausi a ogni sillaba pronunciata dall’intervistato.
Poi, la ricompensa: nel 2008 divenne ministro del governo Berlusconi, sfilando davanti a Napolitano insieme a Carfagna e gli altri mediocri assurti a servitori della Repubblica. Oggi Angelino sconosciuto non lo è più e molto spesso fa notizia. Tra le ultime, la sua sparata sull’affossamento sulla legge Cirinnà, che ci avrebbe risparmiato da derive contro natura. Ma anche l’accusa di abuso di ufficio per il caso legato all’università Kore di Enna. Non sentitevi in colpa se non sapete che razza di università sia, perché già non esiste più, essendo stata commissariata. Quando lo accusano o un qualcosa gli sta a cuore, Angelino parla. In relazione al caso Kore dice che la sua iscrizione nel registro degli indagati è un caso nato morto -proprio come quella università- e che non è assolutamente vero che lui avrebbe rimosso il prefetto di Enna, Fernando Guida, autore della procedura di commissariamento, sbattendolo in Molise su “suggerimento” di Mirello Crisafulli, ex senatore componente di una fondazione parallela alla Kore. Riavvolgendo il nastro, ad Alfano, a la7 vengono chiesti chiarimenti sul caso Carboni. Ci prova a non parlarne e tenta di virare sul terrorismo, una cosa che lo tocca molto; il giornalista che lo intervista, per fortuna, lo richiama all’ordine, come si fa con gli studenti che all’interrogazione non sanno niente e cercano di fregare il docente con un argomento qualsiasi. “Non credo che un signore di 84 anni possa influenzare il governo, i governi non cadono per queste cose”, dice sul faccendiere Flavio amico di Berlusconi. E poi sfodera una delle sue frasi cavallo di battaglia: “Io sono un uomo di buonsenso, vengo da un ambiente semplice, da Agrigento, io non so cosa siano i massoni”. Il buonsenso è davvero un chiodo fisso. “La bussola deve essere il buonsenso”, nella stessa trasmissione; dal suo sito personale, sulla questione delle unioni: “Sulle unioni civili prevale il buonsenso, ma ancora aspetti da ritoccare”; “Il buonsenso non è vintage”. Il buonsenso diventa anche hashtag: “#unionicivili: ok a soluzione di#buonsenso”, 24 febbario; “oggi vince il #buonsenso”, 25 febbraio.
Come dicevo, un tema molto caro al ministro è il terrorismo islamico. Angelino lo tratta a modo suo, con un lessico suo, nel libro edito da Mondadori, Chi ha paura non è libero. Nella presentazione di se stesso all’interno, scrive in terza persona nella primissima riga: Angelino Alfano è sposato e ha due figli. Chi di noi nel presentarsi non inizia da stato civile e di famiglia? Così, Il fanatismo di al Baghdadi si intervalla ai momenti di tenerezza; Angelino è un padre di famiglia e non si fa perdere mai occasione per ricordarcelo: “Resteremo vigili e lo faremo per i nostri figli, per consegnare loro un’Italia ancor più libera e sicura nella quale vivere. Il nemico è forte; i nostri valori democratici e i nostri principi liberali lo sono ancora di più. Molto di più. Per questo vinceremo”. La parola d’ordine è una sola!Vincere! E vinceremo! “Combattere per la libertà è il compito della mia generazione, quella che si era illusa che il mondo fosse per sempre libero da guerre. Per far sì che questa illusione infranta diventi certezza per i nostri figli”. I figli di tutti o solo quelli nati da unioni come dice lui? “Vidi cadere le torri gemelle guardando la tv con Tiziana. Cristiano, il nostro primogenito, sarebbe nato 36 giorni dopo (…); oggi Cristiano non è solo, accanto a lui c’è Federico (…). E mi prometto ogni giorno di fare il massimo come padre, cittadino, uomo delle istituzioni perché possano crescere, pregare, viaggiare, conoscere il mondo senza imbattersi nell’odio e nella violenza”. Ecco, così Alfano parla di terrorismo, si mettano il cuore in pace quelli che si spaccano la schiena sui libri studiando questi fenomeni e chissà, rimettendoci anche la pelle, talvolta. Chissà cosa ne penserebbero i disegnatori e giornalisti di Charlie Hebdo, citati nel suo sito, del sostegno del cattolicissimo Angelino. E le gaffe con le procure, come quando twittò imprudentemente alla nazione dell’individuazione dell’assassino di Yara Gambirasio? E la stessa, eccessiva entusiastica esultanza sul caso Touil? Altre volte però, Angelino non parla, perché dice di non sapere niente, come nel caso Shalabayeva, ve lo ricordate? E quando saltò fuori che i coniugi Alfano vivevano in uno stabile della famiglia ligresti, composto da appartamenti abitati dai La Russa e da Pisanu? E non è questa una famiglia allargata? In questi giorni si parla tanto di neologismi. Ne uso ora uno dell’era Berlusconiana: Alfano, per me, è come un’Olgettina: pronto a spellarsi le mani in applausi come ai tempi di Ballarò, ma anche a disfarsi dell’ex padrone una volta ottenute gratificazioni, poltrone, doni e iniezioni atte a gonfiare non sedere, tette o bocca, ma l’ego.
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