Non hanno bisogno di prologo ne’ di presentazioni le parole che ogni anno, chi riveste la carica di Presidente della Repubblica, di Primo Cittadino nazionale non ché Capo della Magistratura, riversa sui suoi connazionali attraverso la televisione e a reti unificate.
Ben lontani dai tempi in cui un Capo dello Stato era emblema di un popolo e ne incarnava tanto i doveri quanto le preoccupazioni e i diritti, partendo dai più deboli, oggi ci ritroviamo in uno scenario completamente diverso, trasformato parecchio da quando ci si vergognava un tantino anche solo di andare a fare la spesa con scorta e auto blu a seguito o di sottoscrivere leggi che offendevano la morale o la decenza, figuriamoci di lucrare sui rimborsi europei dei biglietti aerei. Ma questa è un’altra storia, Giorgio Napolitano era allora parlamentare europeo e non presidente. Ed è forse quella la sua pecca meno grave.
A preoccuparmi, parecchio, sono state invece le sue affermazioni, la sua retorica nell’asserire cose non vere spacciandole per tali, cose vere ma deprecabili spacciandole per normalità ed altre completamente difformi dalla realtà come acquisite, come al solito senza contraddittorio alcuno. Nella serata di fine anno.
Parole che ascolto sempre a qualche giorno di distanza da quello in cui vengono teletrasmesse e rilanciate su tutti canali e media, le lascio decantare.
Il primo brivido già all’inizio, quando i suoi occhi scorrendo sul “gobbo” leggono con tanta tranquilla e pacata rilassatezza che “lui sta lì dal 2006”! Ed è da quell’anno infatti, che ci “allieta” con i suoi “discorsi finali” più che augurali, con le sue bipartisanerie al limite del qualunquismo, con i suoi continui sdoganamenti di personaggi che già da un bel pezzo sarebbero dovuti sparire dalla scena politica e parlamentare ed invece ci stanno, con i suoi “risolutori finali” Monti, Letta ed ora Renzi ed un paese che continua a crollare. E prosegue, Napolitano, promettendo dimissioni dettate dall’avanzata età, ma quando è stato eletto “in seduta comune” nel 2006 non è che fosse proprio “un giovanotto”, di primavere ne aveva già la bellezza di ottantuno, mica ventotto, buona parte delle quali passate dentro le istituzioni, coprendo ruoli e figure importanti senza mai eccellere in nessuno di questi, stiamo parlando di oltre sessanta anni passati agiatamente a spese della Comunità e con tutti quelli a venire, per la stessa ragione, altrettanto garantiti. Parla di come “ha risolto il problema scaturito dalle urne”, problema nato grazie ad una legge elettorale INCOSTITUZIONALE che di fatto aveva reso tali le due Camere e le elezioni stesse, tutte quelle avvenute con il Porcellum, per intenderci. Mentre l’unica garanzia che ha ottenuto è stata quella di perpetuare e tenere collegati al potere personaggi che la Magistratura oggi ci mostra sotto il loro vero aspetto, ma che non riesce a spodestare. Giorgio Napolitano evita di spiegarci quali siano le vere ragioni di queste riforme in atto, sia parlamentari che socio-economiche, dice che “ne ha parlato da poco in pubblico ad un convegno”, bella scusa! Ed ancora migliore appare il concetto che degli italiani ha, rispetto zero! Non ce ne sono altre occasioni per parlare e spiegarsi con gli italiani tutti, non come in quella notte, perché sprecarla?
Perché indorare pillole amare il cui gusto sta portando a nausea troppe persone, aziende e comunità? Perché? Prima di chiedere altri sacrifici, altre privazioni ed altra pesante incertezza, credo sia dovere di chi amministra e governa di dare un esempio di austerità, a cominciare dalle parole. La crisi globale non esiste, ci sono paesi che crescono tranne il nostro ed ammetterlo con una faccia serena e quasi compiaciuta non fa bene a nessuno. Ammettere di avere fallito dal 2009 sino ad oggi non fa altro che confermare che la cura non era mirata a debellare quelle “patologie“, ma semmai a renderle croniche. A confermare che i tagli e le sforbiciate andavano dati più ai contenuti che alle cifre, che si è continuato ad agire “all’italiana” in un mondo che si globalizzava perché “all’italiana” è restata la classe dirigente, dal boom dei sessanta in poi. Quali sono state, queste “cure risolutive” nei momenti di grave crisi politica e sociale attuate in tutti questi decenni dove Lei, Giorgio Napolitano, è sempre stato presente e “potente“? Se la situazione è quella che è, se le famiglie sono sempre più povere come possono continuare ad avere fiducia in quel tipo di cura che li fa stare continuamente peggio? Supera la diffidenza dei cittadini nella politica, giustificatissima, semplicemente richiamandoli ai sempiterni valori di “coesione e solidarietà” mentre è a capo di uno Stato che la solidarietà nei confronti del cittadino la presenta su cartelle dell’Equitalia, sulle accise sui carburanti e sull’IVA che aumenta su generi e prodotti vitali? Ma questo è politichese, un buco con tante belle parole intorno ma pur sempre un buco, il nulla. L’imperativo dell’unità nazionale è un concetto nobile, così come nobile è l’auspicio che fra governi e opposizioni vi sia sempre, acceso nel mezzo, il faro dell’interesse comune che ne alimenti il confronto ed il dialogo costruttivi. Parole che perdono tutta la loro nobiltà e contenuto, se rivolte a personaggi e fatti come quelli che ingombrano il nostro panorama politico-parlamentare.
Nel momento peggiore, nelle peggiori condizioni si potessero trovare i nostri Parlamenti e Istituzioni, si tirano fuori le riforme e si riscrivono le regole della democrazia e a me non passano i brividi, nel pensare ad un Razzi, un Violante, un Verdini, un Gasparri o ad un Brunetta che riscrivono la Costituzione Italiana, e non sono brividi di freddo, ma di angoscia. Quanto prodotto sinora non sta migliorando certo la situazione delle masse, di una povertà e una paura delle quali la nostra politica ed istituzioni non conoscono nulla di nulla, non avendole mai provate. “Stabilità Politica” e “Continuità Istituzionale”, dette oggi, suonano come “Immunità ed Impunità”, “Garanzia di Carriera Politica” per i soliti noti, gli stessi che hanno portato il Paese in questa condizione. Andrebbero usate con molta cura, con estrema cautela, le parole. Il “mondo di sotto” e quello “di sopra” li avete creati voi politici in completo accordo con mafie e delinquenza comuni, dichiararsene candidamente sconfitti non fa altro che esaltarne la complicità, la resa.
Giorgio Napolitano è stato per me il “Presidente dei Partiti” più che degli italiani e lo è stato per dieci lunghi anni, oggi chiede “obiettività e senso critico” nella valutazione del suo lungo operato, ma di senso critico e di obiettività, come ogni anno, non se ne trova traccia nelle sue parole. Parole evidentemente “dettate”, non “sentite”, costruite e non spontanee come altri Presidenti sapevano un tempo spendere, cariche di contraddizioni che solo da qui, dalla mia piccola esistenza, posso esprimerLe insieme all’augurio, per me e per il Paese tutto, che finisca davvero un’epoca per cominciarne un’altra dove, un Capo di Stato, sia un piacere sentirlo e vederlo all’opera per ogni giorno della sua vita e non solo per una parte di legislatura o per l’ultimo dell’anno.
Già, perché spesso in Italia, i Presidenti migliori manco ci riescono, a concluderne una.
Così come io non sono riuscito a concludere, ad ascoltare sino in fondo tutte le Sue parole. Finirò di ascoltarle domani, forse, per quello che può importare.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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