Giganti di Monte Prama super star: tutti li vogliono, tutti ne parlano. C’è chi ha pensato di spedirli all’Expò di Milano, chi li vorrebbe al posto dei 4 mori nella bandiera sarda, chi ha proposto di piazzarli in bella mostra al palazzo del Quirinale a Roma (le ultime due proposte firmate da Francesca Barracciu, sottosegretario per i Beni Culturali del Governo). I Giganti si sono meritati pure una giornata di studi nel gotha delle scienze antiche in Italia, l’Accademia dei Lincei. Fioccano dibattiti, pubblicazioni, interviste, comparsate, tutto in nome di Monte Prama, collina sperduta nel Sinis, e delle statue in arenaria che sono ancora oggi avvolte nel mistero.
Tutto bello, tutto Sardegna al centro del Mediterraneo, tutto riscriviamo la nostra storia nel mondo.
Però però. Sentire tutto questo disquisire di archeologia in ambienti dove fino a ieri l’archeologia era roba da vecchi pedanti e l’archeologo era visto come uno sfigato che si sentiva un po’ Indiana Jones mi fa venire i brividi.
La questione è così: in Sardegna, solo per parlare di Civiltà Nuragica (quella dei Giganti di Monte Prama, per capirci) ci sono, sparsi qua e là, circa settemila nuraghi. Migliaia anche le tombe, i monumenti, i villaggetti e le capanne, i ritrovamenti sporadici, le tracce di mura e insediamenti, tutti costruiti tra il II e il I millennio avanti Cristo. Mille anni di storia, un’infinità di tempo (più o meno l’intervallo che separa noi, che so, dalle Crociate: tanto), 4 millenni lontani da noi.
La maggior parte di questi nuraghi, tombe, monumenti, villaggetti etc etc è nel migliore dei casi accessibile ma senza custodia, non visitabile nei peggiori. Possiamo vedere i grandi nuraghi di Barumini, Santu Antine, Arrubiu e qualche altro con visita guidata dietro il pagamento di un biglietto, per tutti gli altri munitevi di scarpe da campagna e mappetta archeologica, e buona fortuna. C’è la splendida tomba prenuragica della scacchiera, a Bonorva, volutamente chiusa dalla Soprintendenza Archeologica, sai com’è, non ci sono i soldi per pagare i custodi o per proteggerle nel migliore dei modi, quindi una bella colata di cemento e non ci pensiamo più.
La tomba dei giganti di Is Concias, a Quartucciu, è invece accessibile a chiunque tutto l’anno, senza custodia. Volete fare una scampagnata per Pasquetta e usare i pozzetti sacri per arrostire il maialetto come fanno in tanti? accomodatevi pure, nessuno vi dirà niente. Qualcuno per le ultime feste natalizie è entrato nella camera funeraria, ci ha allestito un presepe e ci ha pure acceso le candele intorno. E gli studi? Molti, troppi scavi archeologici a cui non è seguita una pubblicazione: avete idea di quante casse di roba esistono nei depositi delle Soprintendenze, che nessuno ha mai fatto conoscere al pubblico? Certo, i frammenti dei Giganti per quarant’anni negli scantinati e bla bla bla, e tutto il resto?
E a questo punto ecco le domande che un qualsiasi non sardo, o meglio, non italiano, ci farebbe: com’è che avete tutti questi tesori, e nessuno ci piazza un bigliettaio a offrire, che so, una visita guidata? e com’è che ci sono tanti siti ancora non esplorati, non studiati, non conosciuti? e come, con tutti questi beni archeologici, tutte queste tracce di passato in Sardegna un ragazzo su tre è disoccupato?
Si, rispondo io, un giovanotto sardo su tre è disoccupato, ma non solo: la maggior parte dei tanti laureati e specializzati in archeologia e beni culturali fa un altro lavoro diverso da quello per cui ha studiato (compresa la sottoscritta). Non conosco i dati precisi, ma a spanne e in base alle mie conoscenze solo un archeologo su dieci poi fa davvero l’archeologo, gli altri diventano insegnanti, giornalisti, disoccupati.
E allora torniamo ai Giganti: perché in Sardegna abbiamo i beni culturali e i beni archeologici ma non i lavoratori dei beni culturali e dei beni archeologici? Perché il turismo culturale è roba di qualche associazione o cooperativa, e non il punto di forza della nostra economia, con tutto quello che abbiamo da offrire? Un’unica desolante, risposta: i politici e gli amministratori che oggi #siamotuttiGiganti sono gli stessi che per decenni hanno tagliato, ridotto, azzerato i fondi per la cultura. Se non ci sono custodi e operatori culturali per i nuraghi e le domus de janas è perché qualcuno, da tempo, ha deciso che non serve pagare per la cultura, che il patrimonio dei sardi in fondo è lì da millenni e nessuno ce lo ruba. Se le Soprintendenze archeologiche e le Università non studiano, non pubblicano, non divulgano è sempre perchè i fondi sono ridotti al minimo, non si spende su nuove assunzioni e su collaborazioni, non si fanno progetti e investimenti.
Però adesso #siamotuttiGiganti.
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