Si può pregare insieme? Nel senso più comunitario del termine: cristiani, ebrei e musulmani che hanno lo stesso Dio possono farlo nello stesso luogo e nello stesso modo? Difficile rispondere e non credo che quel Dio abbia dato delle coordinate esatte sul come e dove pregare. Quei templi, quei luoghi sono stati, negli anni, costruiti dagli uomini. Sinagoghe, chiese, moschee. Semplicemente luoghi di culto dove ognuno, in base al proprio credo, si può rivolgere a quel Dio che è però comune alle tre religioni. La possibilità che oggi, le chiese italiane siano state varcate da oltre quindicimila musulmani, genera una notizia enorme. Perché l’Islam ha deciso di superare la soglia delle chiese? Perché hanno deciso di seguire il rito della messa cattolica insieme a chi considera Gesù Cristo figlio di Dio, mentre per loro è un semplice profeta? L’impatto è enorme. E’ il primo passo di un Islam disponibile, pronto a dialogare con tutti e rifiutarsi di commemorare con i propri riti il terrorista islamico ucciso: “Offende la nostra religione”. Dunque non è una guerra di religioni questa e sul punto eravamo probabilmente tutti d’accordo, almeno in Occidente. Mancava il gesto forte, deciso, di una comunità tutta che decide di camminare sul sagrato della chiesa cattolica, che decide di pregare, per la prima volta, il Dio di tutti in un luogo non riconosciuto. Un detenuto, Ahmed, un giorno mi disse che Dio ascolta sempre. Se non ci sono le moschee si può pregare in qualsiasi parte ci si trovi. “Anche in chiesa?”, chiesi. “Si, anche nella tua chiesa”: Ne parlai con il cappellano e cominciammo qualche piccolo esperimento. La sera, nella cappella del carcere si radunavano detenuti per un coro. Chiedemmo ad Ahmed di partecipare e gli chiedemmo di insegnare ai suoi compagni di sventura le sue canzoni, le sue lodi. Fu un momento alto, di vera comunanza. In carcere, in fondo, esiste questo senso di appartenenza che unisce tutto e tutti. E Dio diventa unico. Quello che è accaduto oggi in molte chiese d’Italia accade da tempo nelle cappelle degli Istituti Penitenziari. Alcune, addirittura, sono utilizzate per la preghiera musulmana. Molti detenuti musulmani partecipano alla messa. Stanno in silenzio o pregano allo stesso modo per lo stesso Dio. La preghiera è un diritto fondamentale riconosciuto in tutto il mondo. E’ il sentimento più intimo e forte che ogni uomo porta con se. Si prega per paura, per disperazione, per chiedere un miracolo, per avvicinarsi a Dio, si prega per essere migliori, per dimenticare, per risolvere problemi. Si ha diritto alla speranza e si ha diritto alla preghiera, come si ha diritto a non pregare. Il passaggio di oggi è sicuramente un modo serio per affrontare la questione: si è fatto solo un primo passo, un timido incontro. Ma è il modo migliore per approfondire il dialogo, per imparare a conoscersi e rispettarsi. D’altronde le tre religioni hanno lo stesso Dio che, sicuramente, non potrà non approvare lo sforzo congiunto di riunire tutti in un solo pensiero e in una sola preghiera. Poi, per i miracoli bisogna avere fede, ma per discutere, tra uomini, basta incontrarsi. E i luoghi sono tutti buoni per mischiare le parole.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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