Una delle cose che mi fa amare Sardegnablogger è l’assoluta libertà di poter esprimere ognuno le proprie opinioni: assonante in alcuni casi e dissonante in altri. La libertà di poter non essere d’accordo è, dunque la grande forza della nostra redazione. E io, con il piglio pacato che mi contraddistingue, cerco di rispondere a Francesco Giorgioni e la mia replica, chiaramente è assolutamente divergente da quanto Francesco ha affermato nel suo post di oggi “Non si può perdere il lavoro per un like”. Ho letto anche i commenti e ho notato che ci sono opinioni contrastanti anche tra i nostri lettori. Diciamo subito una cosa: la ferita terribile della Diaz non è stata digerita da chi ha una visione dello Stato meno pragmatica e spiccia ma, soprattutto, non è accettabile il corporativismo inutile e dannoso di chi in molti casi tenta di difendere l’indifendibile. Detto questo aggiungo che a Genova chiaramente non tutta la polizia ha avuto un comportamento indegno, ma è un fatto assodato che nei giorni del G8 ci furono, da parte delle forze dell’ordine, comportamenti violenti che hanno rasentato la tortura. (anzi, l’Europa ci ha condannato per “tortura”) Bene. Mettere “mi piace” ad un post piuttosto infelice non significa essere complici di chi quelle parole le ha pensate, scritte e sottoscritte (la responsabilità penale è sempre personale) ma se a farlo è un vicequestore della polizia tutto cambia. Perché forse la rimozione (trasferito a Roma, reparto ispettivo, a disposizione e quindi attualmente senza incarico) è stata “esagerata” ma è l’unica risposta a chi continua a voler “minimizzare” l’accaduto. E’ vero che (lo sostiene Francesco Giorgioni in una delle risposte) la rimozione da un posto è strumentale, in quanto prima o poi egli andrà a fare il vicequestore da un’altra parte, ma è anche vero che avrà qualche difficoltà in più e la possibilità di poter riflettere. Sono mesi che vengono commessi errori terribili (dal caso Cucchi al G8) sempre da parte di esponenti della polizia e questo, personalmente mi rattrista. Ma, in questo caso, mettere “mi piace” aveva un peso specifico molto alto e il vice questore (non un semplice poliziotto) sapeva benissimo che quel “mi piace” significava schierarsi. Ritengo abbia sbagliato e avrà l’occasione di rimediare. La polizia è cambiata. Ne sono profondamente convinto e allora si prendano le distanze dagli errori. Si può crescere anche con un “mi piace” sulle spalle e provare a dire: “io sono lo Stato e allo Stato quel massacro non è piaciuto”.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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