Oggi sono un po’ confusa. Mi sono astenuta da questa campagna, a parte distribuire like equamente ad alcune osservazioni dei sostenitori del “sì” e del “no”. Sono anche un po’ triste per non aver partecipato a questo voto, perché ho sempre partecipato attivamente nelle sezioni, nelle discussioni e questa cosa mi è mancata profondamente.
Per il mio spirito anticonservatore avrei votato “sì”; perché le cose, le situazioni e forsanche le persone non devono rimanere statiche. Ma non davo nessuna fiducia alle persone che queste modifiche le hanno concepite. Politicamente, non ho riscontrato quella serietà che, secondo me, era indispensabile. Quindi avrei dovuto votare “no” ma il solo pensiero di essere associata al peggio della destra mi dava la pelle d’oca.
Per la prima volta non ho votato con sentimento. Era successo altre volte di non votare ma era dovuto all’impossibilità di recarmi alle urne. Questa volta, è stata una vigliaccheria programmata e chiedo venia a coloro che, affinché io potessi votare, hanno dato la vita. Ma ho fatto due calcoli. Pago le tasse sulla proprietà e le tasse locali. Ma, grazie alle mie scelte professionali, contribuisco in maniera relativa al sistema sanitario nazionale. Il sistema assicurativo al quale contribuisco mi permette di scegliere dove curarmi, potendo scegliere il meglio, anche fuori dal Paese, senza lunghe file e senza la scortesia che si riscontra nelle Asl, come se lo stipendio percepito dagli impiegati delle Asl non lo pagassero i cittadini.
Non ho figli che potranno essere vittime o beneficiari del “Jobs act” o della “Buona scuola”. Che però tanto buona non mi sembra essere. Quindi ho lasciato a voi, che vivete questo paese più di me e che sapete tutto, la scelta di chi vi dovrà governare. E come lo farà.
Io so solo che mi sento estranea e che l’Italia di cui adoro il mare, le bellezze storiche ed altre poche cose, di cui ho fatto a meno per lungo tempo, mi piaceva soprattutto perché potevo conciliare, senza troppi scandali, il mio essere di sinistra con l’educazione cristiana nella parola “solidarietà”. Questa parola è sparita. Non se ne conosce più il significato, ancora meno la messa in pratica. Abbiamo dimenticato la solidarietà con chi non ha, con chi ha meno, con chi non può, con chi non ce la fa perché forse, anzi, quasi certamente, è colpa sua che si è creato determinate situazioni, che non ha saputo scegliere o semplicemente è sfigato. E gli sfigati è meglio non frequentarli.
Ormai è solo una lotta a chi è più forte, più ricco, più bello e soprattutto più furbo, senza tener conto che spesso la propria situazione è dovuta non tanto alle proprie capacità, ma a quelle di coloro che li hanno preceduti, degli avi, degli antenati e a una solida presenza di buone occasioni.
Ora la questione è: il Paese ripartirà? Ecco, non credo mi interessi. Io ripartirò, non so quando ma è certo. Non posso vivere in un paese dove l’arroganza, l’approssimazione, la volgarità morale e la sciatteria hanno la meglio sul meglio dell’essere umano.
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