Qualche giorno fa sono andato in giro per le case popolari del mio paese, Arzachena. L’abbiamo sempre chiamata zona 167, ma gli abitanti detestano che il posto dove vivono abbia per nome una cifra: 167 indica la legge del 1962 che permise la costruzione di migliaia di alloggi a basso costo. La zona si chiama dunque Sant’Anna, un nome con un’anima al posto di un numero. Ho bussato ad ogni porta, parlato con decine di persone (non importa spiegare il motivo), sentito i problemi di tanta gente. Nel vedere questo pachiderma di cemento, un alveare suddiviso in appartamenti, mi è tornato in mente un’inchiesta storica del compianto Giorgio Pisano sulla nascita del quartiere Sant’Elia, a Cagliari. Spiegava come e perché era nato e credo sia la filosofia di tutte le zone di edilizia popolare. Quel che mi ha colpito, parlando con la gente, è stata la profonda dignità di chi ringrazia per quel che ha avuto, più che dolersi per quel che non ha. Mi è rimasta impressa la testimonianza serena di una vedova che vive con i 700 euro di pensione maturati dal marito nel periodo da emigrante in Svizzera, figlio e nuora a suo carico. Una vita dura, una vita che implora condizioni migliori e lavoro per i giovani. Eppure ci ha salutati col sorriso.
Ho pensato che se mi fossi alzato in volo di un centinaio di metri, oltre il casermone di cemento del rione Sant’Anna, davanti a me avrei visto le spiagge della Costa Smeralda e lo yacht da 156 metri di Alisher Usmanov. Da giovane giornalista, avrei scritto un pezzo col solito cliché delle diseguaglianze sociali, delle stridenti ingiustizie tra chi non ha e chi ha da buttare, chiedendomi retoricamente come sia possibile che nel raggio di una decina di chilometri possano convivere sfarzo e la difficoltà a soddisfare i bisogni primari.
Quelle domande restano e forse morirò senza trovare una risposta, ma oggi un pezzo così non lo scriverei più. Mi chiederei, piuttosto, come la ricchezza sfacciata di un nababbo possa essere più efficacemente irradiata nei luoghi attorno alla sua vacanza, come possa migliorare la condizione di vita di una vedova che tiene su la baracca famigliare con 700 euro di pensione al mese. Non sarebbe anche questa giustizia sociale? Come si cambia, nella vita.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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