A che serve il rimpasto? A dare una maggiore spinta all’azione politica. Almeno così dicono tutti quelli che lo praticano se e quando gli viene chiesto. In realtà, il rimpasto è solitamente una scelta obbligata, perché te lo chiedono i mille partiti insoddisfatti e perché la politica è un eterno compromesso.
Nemmeno Francesco Pigliaru, dunque, è riuscito a evitare il rimpastino. Appena le sue condizioni di salute sono ritornate ottimali, è giunto puntuale il rimescolamento delle carte. La rotazione, degna del miglior Pasquini, riguarda quattro assessorati: Turismo, Pubblica istruzione, Riforme e Agricoltura. Perché proprio loro? Eppure Francesco Morandi, titolare del Turismo, aveva raccolto ottime impressioni durante il suo breve mandato. A differenza del contestatissimo Massimo Deiana, responsabile dei Trasporti, uscito indenne dall’operazione di restyling per la disperazione degli algheresi, imbufaliti per la gestione del caso Ryanair.
Morandi, insieme alla collega Firino, ha dato una lezione di stile al suo ex presidente. Entrambi hanno presentato le dimissioni prima che la delibera fosse firmata. Nella sostanza, non cambia nulla. Nella forma, sì. Certi giochini, in fondo, avrebbero dovuto restare fuori dai meccanismi di una giunta più “accademica” che politica. Strada facendo, si è fatta strada la convinzione che la formula dovesse essere ribaltata, anche per le oggettive difficoltà riscontrate in più settori. E Pigliaru, di fronte alle pressioni, non ha avuto la forza per difendere alcune delle personalità ingaggiate per trasformare la vecchia littorina sarda in un treno ad alta velocità o perlomeno in un pendolino.
Quando, nel febbraio del 2014, Francesco Pigliaru vinse le elezioni, citò quattro priorità: istruzione, lotta alla disoccupazione, alle tasse e alla burocrazia. Sul primo punto, il “licenziamento” dell’assessore Firino parla chiaro; sui restanti tre, non mi pare proprio ci siano stati grandi progressi. Tre anni fa, due facce dello stesso Pd, il compassato Francesco Pigliaru e lo scoppiettante Matteo Renzi, si accingevano a governare l’isola e la nazione. Oggi entrambi si ritrovano con le ruote sgonfie a rincorrere una seconda chance.
Nel suo messaggio di commiato, affidato a Facebook e non a Pigliaru, Morandi ha citato un verso del Vangelo: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Una citazione assai più profonda di quanto possa sembrare, in chiusura di una sfliza di ringraziamenti a chi ha lavorato e contribuito “a raggiungere risultati così importanti”. Morandi, insomma, ritiene di aver lavorato bene, al servizio di un progetto. Da buon cristiano, se ne va chiudendo la porta con garbo. Un’improvvisa folata di vento non avrebbe sortito gli stessi effetti.
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