Io ero fermamente convinto che l’assalto all’istituto di vigilanza Mondialpol di Caniga, alla periferia di Sassari, compiuto da una banda di almeno tredici persone schierate secondo uno schema strategico attorno alla centrale, dotate di un furgone e un’escavatrice rubati in due diversi luoghi agli estremi della Sardegna, capaci di individuare chirurgicamente il punto debole della struttura, di abbatterlo per penetrarvi all’interno e prelevare un bottino di almeno dieci milioni di euro, il tutto sotto una pioggia di fuoco di copertura, per poi fuggire nell’oscurità prima che i carabinieri arrivassero, viaggiando per decine di chilometri, evitando posti di blocco e controlli aerei delle forze dell’ordine (i cui elicotteri al buio non possono volare), ecco, io ero fermamente convinto che tutto questo altro non fosse se non l’improvvisata azione di una banda raccogliticcia. Mi ero fatto l’idea di un colpo organizzato sul momento da un gruppo di avventori ritrovatisi casualmente al bar per l’aperitivo serale. Si sa come vanno queste cose, no? Uno arriva dal cantiere con l’escavatore, l’altro col furgone dopo aver finito le consegne del giorno, altri tre piombano nel locale con i fucili, dopo una battuta di caccia di frodo, infine ci si mette il più fantasioso della compagnia che – la butta là – con i mezzi e le armi che abbiamo ci si potrebbe fare un colpo da sistemarci per la vita comprandoci pure la casa a Porto Cervo, cosicché al sesto giro di Sambuca Molinari tutti ci credono, abbandonano il bancone lasciando il conto in sospeso ma rassicurando il barista (“paghiamo tutto dopo, ohi se paghiamo!”), partono alla volta della centrale Mondialpol di Caniga e aprono come una scatoletta di sardine la centrale, portandosi via il malloppo. Ecco, io ero certo fosse andata così. Invece mi sbagliavo. Oggi ho letto su La Nuova Sardegna la clamorosa rivelazione del parlamentare del Pd Silvio Lai: “È criminalità organizzata”. Insomma, secondo Lai la banda aveva pianificato tutto prima e non all’ultimo momento, come si fa quando si raccoglie gente dove capita per una partita di calcetto. Chi lo avrebbe mai detto? Ora gli investigatori hanno una pista sicura da battere.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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