Ho amato e amo moltissimo un suo libro “Il pendolo di Foucault” e l’ho letto tre volte. Per amore, per perdermi dentro il gioco degli incastri e dei complotti inverosimili eppure probabili, in un paese dove tutto sembra sempre precipitare, dove tutto è possibile che possa accadere, dove c’è sempre un Diotiallevi che ha risposte plutoniche, massoniche, cospiratrici. Ma non solo: Il pendolo di Foucault è un esercizio di stile dove Umberto Eco – che ha lasciato questo mondo il 19 febbraio 2016 e sono ormai sei anni – si divertiva a costruire mondi e complotti paralleli. Più del nome della Rosa il pendolo rappresenta lo stile inconfondibile di un intellettuale vero, puro, di uno spirito libero sempre pronto a prendere e prendersi in giro.La vita, per Umberto Eco, era un grande gioco dove le parole avevano un reale peso specifico e attraverso loro costruiva il mondo. Prima di laurearmi ho studiato quasi a memoria il suo libello “Come si fa una tesi di laurea”, ho letto quasi tutte le “Bustine di minerva” che apparivano nell’ultima pagina del settimanale l’espresso; mi sono entusiasmato all’inverosimile per il pendolo, (perché non ne hanno mai tratto un film?) ho amato molto meno “L’isola del giorno prima” e non sono riuscito ad apprezzare “La misteriosa fiamma della Regina Loana”, mentre mi è piaciuto moltissimo il suo ultimo romanzo (2015) “Numero zero”, la storia di un ghost writer fallito che viene chiamato per il lancio di un nuovo giornale dal titolo evocativo “Domani”, utilizzato, guarda caso, (sarà un caso od un complotto chioserebbe Eco) per il nuovo quotidiano targato De Benedetti e apparso nelle edicole nel 2020. Ritorno al pendolo di Foucault perché rimango sempre dell’idea che Casaubon, l’io narrante e protagonista del libro, racchiuda l’estremo amore per le storie e le parole.Ciao Umberto: mi manchi. Terribilmente.Sono cresciuto con le tue parole e ho intrecciato molte tue storie. E non me ne pento.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design