Leggendo il manoscritto di un libro che un conoscente si appresta a dare alle stampe, sono rimasto colpito da un episodio di vita scolastica che l’autore ha vissuto in prima persona e risale a ben più di mezzo secolo fa. Racconta lo scrittore, al tempo adolescente, di una giovane professoressa di lettere di una bellezza incantevole e dalle forme sinuose e irresistibili. Così irresistibili che la classe, composta di soli maschi, non sapeva contenere le pulsioni ormonali. Cosicché, mentre la docente spiegava la lezione, i suoi alunni si dedicavano alle fisiologiche pratiche manuali di quell’età, camuffando non so come gemiti e movimenti sussultori. Mi è venuto in mente che, poco tempo fa, ero venuto a conoscenza di un episodio di masturbazione collettiva scoperto da un docente in una scuola superiore della Gallura, in questo caso senza neppure lo stimolo e l’attenuante delle forme provocanti dell’insegnante. Commentando quest’ultimo fatterello con alcuni amici, fummo immediatamente concordi nell’osservare che si stavano raggiungendo, nelle scuole, livelli di maleducazione, cattivo gusto e sfacciataggine ormai intollerabili, che la mancanza di rispetto verso l’autorità era lo specchio di una società ormai irrimediabilmente corrotta e via di seguito con tutte le frasi fatte e i luoghi comuni in cui caschiamo tutti, quando vogliamo rappresentare un presente che ci convinciamo essere sempre peggiore, molto peggiore del passato. Quando ho letto quelle poche righe di un libro ancora da stampare, ho avuto la conferma a quel che è sempre stato più di un dubbio. Probabilmente i ragazzi di mezzo secolo fa non erano meno pestiferi, insolenti e gonfi di testosterone di quelli di oggi. Solo che certe cose un tempo non si sapevano o si faceva in modo che non si sapessero, perché si era tutti meno interconnessi e la rete di comunicazioni infinitamente meno fitta, ma anche perché fino a pochi anni fa era inconcepibile (tranne per i diretti interessati) pensare a ragazzi che si dedicano a certe manovre durante la lezione.
Cambiando ambito, un po’ tutti abbiamo l’impressione che la sicurezza del cittadino sia sempre più a rischio perché percepiamo un aumento di piccola e grande criminalità. In realtà, tutte le statistiche ufficiali dicono che da vent’anni a questa parte, in Italia, i numeri dei principali reati sono in netta diminuzione. E allora, come si spiega questa incongruenza tra realtà a percezione? Ci sono interessanti statistiche che spiegano come questa percezione non abbia nulla a che vedere con la dimensione esatta del fenomeno, ma sia direttamente connessa all’enfasi che i mezzi di comunicazione riconoscono al fenomeno stesso. Più se ne parla, più il problema sembra grave, anche quando in realtà non lo è.
Attingo alla mia memoria personale a proposito di giovani e di bullismo, piaga che sembra essere insorta solo in tempi recenti. Parlo di almeno venticinque anni fa, quando ancora gli abitanti del villaggio avevano l’abitudine di convergere verso il centro del paese per le vasche serali. Ci fu un periodo, in pieno inverno, in cui un gruppo di ragazzi teneva sotto ostaggio i frequentatori della piazza bersagliandoli con gavettoni gelati. Questi giovanotti facevano mucchio nella gradinata che sovrasta la piazza e, più volte a sera, lasciavano cadere le loro bombe: palloncini riempiti con acqua di rubinetto che esplodevano su giacche e cappotti infradiciando le vittime. Era una situazione surreale: non si poteva, volta per volta, individuare il diretto responsabile, perché il branco era così compatto da non permettere di capire chi fosse il lanciatore di turno, confuso in mezzo al gruppo. Si avvertiva un clima di sottile inquietudine, perché chiunque poteva essere colpito e vedersi rovinata la serata da quei piccoli farabutti che parevano al di sopra della legge. Si andò avanti per settimane. Una sera, ad essere colpito fu un signore anziano. Fui testimone diretto di quel gavettone: il palloncino gli piovve esattamente sulla testa, afflosciandosi sul cappello calcato sul cranio. Mi ricordo i rivoli d’acqua scivolare sulla sua faccia scura, da uomo di campagna abituato a stare all’aperto. Mi ricordo anche i suoi occhi umiliati e il coro di risate dalla gradinata, nonché i commenti divertiti di molta gente attorno a me. Fu quella sera, esattamente dopo quel lancio, che un mio compaesano perse le staffe e si precipitò sulla cabina telefonica della piazza, chiamando i carabinieri. I gendarmi arrivarono qualche minuto dopo, portandosi via con loro alcuni degli indiziati, tra le proteste di molti dei presenti che in quel lancio di palloncini gonfi d’acqua vedevano solo un’innocente evasione giovanile. L’assedio armato alla piazza finì quella sera. Non ricordo che i giornali ne abbiano parlato, che si sia parlato di baby gang né di bullismo. Eppure ne aveva tutte le caratteristiche. Oggi quei ragazzi sono uomini di mezza età come me. E s’indignano per lo smarrimento dei valori dei giovani.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design