Se son fiori spariranno.
Di questo Sanremo resterà la distruzione dei fiori di Blanco, al quale occorrerebbe ricordare che seppure ha vinto un festival si può disintegrare la propria immagine (e forse il futuro) in un attimo di pura follia ottenendo il pieno dissenso di tutti (destra e sinistra, alti e bassi, larghi e stretti). Detto questo (zero spaccato a Blanco, così impara a crescere) i voti di questo festival sono “bassini”. Si aspettava la continuazione di una rivoluzione cominciata lo scorso anno e ci siamo ritrovati ad applaudire i cugini di campagna (10 per il coraggio, 2 per la canzone) o a cercare febbrilmente su internet il testo della canzone di Anna Oxa in quanto incomprensibile a tutti (sette per la forza bruta, 2 per l’interpretazione in generale). Insomma: serata tiepida all’insegna di una Chiara Ferragni superstar che va benissimo su Istangram, ma sul palco un po’ meno (il suo lunghissimo monologo troppo scontato e poco incisivo). E le canzoni? Anna Oxa non arriva alla sufficienza, Gianmaria stecca in quasi tutto il pezzo e non ha un bel testo, ci si aspettava qualcosa di diverso da lui; Mr. Rain è salito sul palco tomo tomo cacchio cacchio e ha piazzato il ritornello più furbo di tutti con dei bellissimi bambini: effetto “Cucciolone” assicurato e canzone gradevole quel tanto che basta. Non vincerà, ovviamente, e per ora non merita la sufficienza. Poi arriva la prima vera superstar, uno dei più attesi al festival: Marco Mengoni. Bel testo, bellissima interpretazione, melodia un po’ farraginosa. Sul podio sicuramente (non a caso è primo nella classifica provvisoria) e per ora merita un 8. Ariete non ha convinto, brutta interpretazione sotto la sufficienza (cinque d’incoraggiamento). Su Ultimo si può dire solo che è fedele al suo modo di vivere e cantare: canzone noir, cupa, sale solo alla fine dove cerca un riscatto stilistico e, pur essendo quarta in classifica provvisoria, non ha particolarmente colpito (5 meno meno, direbbe un mio professore). Anche Coma cose rappresentano la coppietta dolce e finalmente felice (c’era stata baruffa in casa) ma la canzone naviga nella quasi mediocrità (5). Chi canta e merita un nove è sicuramente Elodie: iconica, bellissima, voce perfetta. E’ seconda, salirà sul podio e, almeno pe ora, si contende il titolo con Mengoni. Leo Gassman non convince (5) e i cugini di campagna hanno un pezzo simil anima mia ma il tempo è passato (5 di stima). Aspettavo con una certa curiosità Gianluca Grignani ma mi ha deluso anche nel testo: poco cantabile e cantato male (anche a lui 5 di stima). Olly ha cantato non male seppure è apparsa una canzone già sentita e non merita, per ora, la sufficienza. I ragazzi colorati di Colla zio pagano l’autotune (odioso) iniziale e una canzone che fa il verso allo stato sociale e ai pinguini, ma non riesce a convincere (quasi cinque) Infine Mara Sattei, ultima a salire sul palco: un bel testo, una voce inizialmente stentata che si apre. Da risentire ma, almeno lei, arriva alla sufficienza. Aspettiamo la serata di oggi on la speranza che a nessuno venga l’idea di distruggere i mazzi di fiori offerti, in perfetta par condicio, a tutti. Ultima considerazione: troppo lungo, troppo gigionesco, troppo autocelebrativo. I Pooh, per esempio, erano di troppo. Non lo era invece il monologo iniziale di Benigni che ha ricordato le origini della Costituzione e la forza della memoria. Bravo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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