Mi ha molto colpito che i tre commentatori “principi”, ovvero Michele Serra per Repubblica, Massimo Gramellini per il corriere e Mattia Feltri per la Stampa si siano occupati della stessa notizia. Tutti e tre, infatti, nella loro rubrica da 1500 caratteri (spazi inclusi) oggi hanno parlato della giovane rom con la figlia di tre anni che ieri è stata immobilizzata sulla metropolitana di Roma a seguito di un tentato furto. La notizia però non è chiaramente questa perché la giovane rom è stata violentemente pestata dalla presunta vittima – a quanto pare un uomo che, comunque, non ha presentato alcuna denuncia – che l’ha presa per i capelli e le ha sbattuto la testa contro il muro, prima che i vigilantes lo bloccassero. L’uomo si è poi dileguato senza essere neppure identificato. Tutto sarebbe finito nel dimenticatoio se alla scena non fosse stata presente Giorgia Rombolà, giornalista della Rai, che ha dedicato un post sul suo profilo facebook. Vi lascio solo immaginare gli epiteti con la quale è stata apostrofata: da radical chic a puttana. Tutto secondo la norma direte voi. Con qualche piccola considerazione. Intanto questa “normalizzazione” comincia, davvero, a farmi paura. Questa giustizia da “far west”, questa legittima difesa molto sui generis, questi applausi smodati a chi molla un ceffone alla rom (che, per quanto ladra ha diritto alla difesa e ha il sacrosanto diritto di non essere malmenata da nessuno) questa rabbia inconsulta che serpeggia dai social alla strada. Serra, Gramellini e Feltri si chiedono se tutto questo può far parte di un paese civile. Sommessamente mi aggiungo a loro e rispondo con un laconico no. Forse abbiamo superato il segno della decenza. Sarò sommerso dagli insulti ma rimango dell’idea che uno schiaffo non risolve mai una situazione e la ragazza rom (che rimane comunque una presunta ladra con diritto di processo) non cambierà strada e strategia per un ceffone. Non è questa la civiltà.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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