Giorni fa l’Istituto comprensivo di La Maddalena ha dato il via a un progetto molto interessante, articolato in laboratori pomeridiani. L’iniziativa ha come finalità ultima la riduzione della dispersione scolastica, ma per estensione e contenuti “rischia” di essere qualcosa di molto più utile. Innanzitutto riguarda tutte le classi dell’Istituto comprensivo che abbraccia materne, elementari e medie (Infanzia, primaria e secondaria di primo grado, tanto per abituare chi è negli “anta” alla nuova terminologia). Inoltre propone a tutti, alunni, docenti e genitori, un mutamento della prospettiva con cui di solito si vede la scuola e il proprio ruolo in essa.
Per farla breve, come nella réclame della Grappa Piave con Luigi Vannucchi (minchia che memoria), a parte la testa e la coda del progetto (attività di formazione per gli insegnanti all’inizio e momento di confronto anche con le famiglie alla fine), è il cuore dell’operazione a rappresentare un bellissimo segnale di crescita per la scuola intesa come ecosistema (si perché anche la scuola di un piccolo paese può e dovrebbe essere guardata come un ecosistema). L’obiettivo immediato è quello di ripescare competenze e autostima a quegli alunni che, non girando con lo stesso passo della didattica ordinaria in classe, inevitabilmente o-forse è meglio dire-fisiologicamente, vengono lasciati indietro. E se restare indietro alla materna o alle elementari può rappresentare solo un problema, restare indietro alle medie può essere l’inizio di guai più seri. Ogni persona ha e può riconoscersi un proprio stile cognitivo. I laboratori che costituiscono l’ossatura di questa operazione, dedicati a mondi come il cinema, lo sport, la musica, l’ambiente, l’alimentazione, poiché offrono la possibilità di guardare e guardarsi secondo angolazioni inedite, puntano proprio a riconciliare ogni bambin* e ragazz* col proprio inconfondibile stile. Anche le relazioni canoniche (docente-alunno, docente-genitore, alunno-alunno, materia-materia ecc) vengono illuminate da un’angolazione diversa, dando a ognuno la possibilità di acquisire quella “doppia visione”, quella “visione binoculare” che è spina dorsale di ogni apprendimento e di ogni meta-apprendimento (quando si impara ad imparare).
Lo chiamano pensiero laterale, quello che consente di inquadrare i problemi girando loro attorno e osservandoli da prospettive inedite. Ecco, i laboratori attivati puntano esattamente in questa direzione.
Il cambiamento però, per essere efficace deve avere un certo grado di radicalità. In questo senso, tra i risultati attesi c’è anche l’apertura di una riflessione da parte dei docenti stessi nei confronti dei propri metodi e del modi in cui l’interazione di questi metodi si cristallizza nel quotidiano dell’”essere scuola”, dove si annida il rischio della non-elasticità, della non-resilienza, della rigidità che, una volta trovato il “passo”, impedisce prima o poi a una classe di integrare nel suo percorso anche chi quel “passo” non sa tenerlo.
Complessivamente, circa il 60% tra bambin* e ragazz* ha aderito all’iniziativa. Tra questi compaiono praticamente tutti quelli che, per qualche motivo, possono trarre dal progetto i maggiori benefici, quelli per cui la perdita della scuola si manifesta come eventualità pericolosamente possibile.
Io non so come andrà a finire ognuna di quelle vite, se tra uno o tre anni quei ragazzi saranno tutti ancora studenti oppure no. So che però la scuola sta facendo quello che dovrebbe fare una scuola pubblica: ci sta provando con entusiasmo e impegno, e merita un 10.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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