Nel 1954 il futuro premio Nobel per la letteratura William Golding costruì la sua opera più famosa su una delle possibili declinazioni del Male.
“Il Signore delle Mosche”, mettendo in scena le dinamiche interne del gruppo di bambini naufragati su un’isola deserta in seguito ad un incidente aereo, sembrava negare la possibilità dell’esistenza di un’età innocente e immune dal germe della malvagità.
Quell’isola era però un micro mondo di soli piccoli uomini che facevano il loro incontro con la violenza; l’assenza di figure femminili poteva essere interpretabile come una delle cause della degenerazione e della tragedia che si consuma nelle pagine finali.
Nei giorni nostri, invece, nemmeno l’altra metà del mondo può considerarsi risparmiata.
Ci sono voci di donne, nel coro di indifferenza e gaudio che ha accolto la notizia delle carrette che si inabissano nel Mediterraneo.
Echi femminili e giovani, quelli che si concedono un “Prima di loro ci siamo noi”.
Ogni tre atti di violenza all’interno del mondo scolastico, uno vede il coinvolgimento di una ragazza.
L’isola deserta e selvaggia di Golding si aggiorna nel nostro mondo in crisi, luogo dove le uniche forze distribuite democraticamente, senza distinzione di razza, età, ceto e sesso sono il cinismo, e nel migliore dei casi, l’indifferente alzata di spalle che segue all’ondata di indignazione repentinamente esibita nell’era 2.0 .
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