Da qualche giorno sto leggendo un manoscritto del 1944. Sono le memorie di guerra di un giovanissimo ufficiale dell’esercito italiano, finito in clandestinità dopo l’8 settembre. Memorie in presa diretta, vergate a penna mentre i fatti accadevano: è stato il figlio a consegnarmele, per rendergliene poi un’impressione a lettura completata. Ogni capitolo si apre con una citazione letteraria confacente al momento storico o al travaglio personale dell’autore: il giovane soldato aveva studiato e sapeva bene usare le parole. Facendo avanti e indietro da una pagina all’altra, quella grafia così curata da scuola di una volta mi è diventata familiare. E credo di avere imparato a scorgere, dalle cancellature o dall’incresparsi del tratto, i momenti di cedimento dello scrivente, quelli in cui il peso della guerra sembrava forse essere diventato insostenibile. Mentre leggevo, non ho potuto fare a meno di pensare, con orrore, che io non so più scrivere. Nel senso che scrivo tutto attraverso una tastiera – come sto facendo adesso – e ho perso l’abitudine a impugnare una penna, a scrivere con una biro su un quaderno e un taccuino. Sapevo farlo con una certa agilità, una volta, perché fare il giornalista significa anche prendere appunti, cercando di riportare testualmente quanto più possibile delle dichiarazioni di quel politico o di quel testimone. Ora non più, ho perso l’allenamento: chi te lo fa fare di faticare, se con una tastiera fai molto prima? Buona parte dei ragazzi che ho a scuola prendono appunti sullo smartphone o su un tablet, quelli che usano la penna si stancano subito. Cosa resterà, mi chiedo, delle emozioni riversate sul foglio dall’inchiostro, dei terremoti emotivi che la penna traduce in scrittura come fosse un sismografo? Avremo solo dei fogli scritti in Arial o Times carattere 12, tutti uguali.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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