Ora che leggo la promessa del ministro dell’Interno di privare della scorta Roberto Saviano, mi viene in mente che qualche anno fa la scorta la diedero persino a me, per qualche settimana. La prima foto che pubblicai sul mio profilo Facebook, dieci anni fa, fu proprio quella pagina di quaderno a quadretti su cui spiccava il messaggio intimidatorio scritto con lettere bianche stampate su strisce adesive rosse.
Arrivò via posta ordinaria. Siccome anche l’indirizzo era scritto con lo stesso sistema delle strisce adesive, m’insospettii subito. La aprii. Dopo quel primo momento d’inquietudine che ti riempie il corpo come un liquido bollente, ebbi netta la sensazione che non era cosa di cui preoccuparsi troppo e mi venne pure da ridere. Sono qui a raccontarlo, quindi avevo ragione. Però dovetti seguire tutta la trafila del caso. Avvertii la redazione centrale del giornale per il quale lavoravo, chiamai il maresciallo dei carabinieri della stazione del paese e andai a sporgere denuncia.
Era senz’altro un avvertimento per qualcosa che avevo scritto, ma ad oggi non saprei dire esattamente cosa. Mentre ero in caserma mi chiamò una collega giornalista da Roma, mia vecchia amica: era uscito un lancio Ansa e tutti ormai sapevano. In breve, il mio telefono prese a squillare all’impazzata. Spiegai la situazione ai miei familiari perché non la venissero a sapere da altri, magari in forma distorta. Poi, la sera, ricevetti la telefonata di un colonnello dei carabinieri che conoscevo per motivi di lavoro. Aveva un tono perentorio. “Devo assegnarle la scorta giorno e notte!” Mi venne ancora da ridere. Lo supplicai di risparmiarmi quella premura, appellandomi al fatto che mio figlio ne sarebbe rimasto impressionato.
Ma non ci fu nulla da fare. Per una decina di notti, una Punto dei carabinieri restò parcheggiata di fronte a casa mia. Mi sentivo molto in colpa per quei poveri ragazzi, costretti a passare la notte in un parcheggio per proteggere uno come me, nientemeno. All’alba, appena alzato, li chiamavo a casa e facevamo colazione assieme. Io in pigiama, loro in divisa col mitra sulle ginocchia. Al tempo avevo a casa un cane pechinese. Puntualmente, questa bestiola afferrava con le zampe la gamba di uno dei due carabinieri e dava libero sfogo ai suoi istinti.
Sono passati dieci anni. Non si è mai saputo chi fosse l’autore del messaggio. A me, perlomeno, nessuno ha mai fatto sapere nulla, se non che la lettera era stata affidata ai Ris. D’accordo, non era nulla di serio. Però ogni tanto penso che questo signore è sempre in giro, libero di minacciare chiunque o magari di far peggio, semmai il suo odio dovesse trovare sfogo non solo con le parole. E penso anche che lo Stato abbia il dovere di garantire protezione a chi corra un rischio per il solo fatto di avere espresso opinioni o fatto il proprio lavoro, per quanto remoto il rischio possa apparire.
So che Roberto Saviano non gode della stima di tutti. E allora? La considerazione personale che si ha di un uomo può forse attenuare la gravità delle minacce che ha dovuto sopportare? Lo Stato protegge la vita umana e la libertà d’espressione, difende valori sacri e principi intoccabili. Un ministro non può maneggiare questi principi a suo piacimento, applicandoli sulla base delle proprie simpatie. Quando si seppe che al professor Marco Biagi era stata negata la protezione, perché le minacce che aveva ricevuto ritenute poco credibili, Biagi era stato già assassinato dai terroristi. Montò in Italia una grande campagna d’indignazione. Meno di vent’anni fa non si scherzava su questi argomenti. Oggi togliere la scorta ad una persona sotto minaccia è diventato strumento di propaganda politica. Per dire di quanto siamo cambiati.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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