Ad agosto avremmo dovuto sapere, invece niente. La mappa delle aree candidate a ospitare la discarica radioattiva italiana è ancora top secret. In questi giorni l’allarme si è esteso alla Sicilia. In provincia di Enna sono convinti di essere in pole position. Noi, in allarme, lo siamo da tempo.
Sarà che siamo abituati ad accettare qualsiasi porcheria in cambio di una manciata di posti di lavoro: stabilimenti chimici che assumono e inquinano, poi chiudono e lasciano processi senza fine e, di solito, senza colpevoli, un nugolo di disoccupati e tanta merda che nessuno raccoglie perché non ci sono soldi; poligoni militari ordinari sul mare dove ci si diverte con i giochi di guerra che impediscono ai territori di sviluppare un’economia turistica; sterminati poligoni militari sperimentali dove vengono testati gli ultimi ritrovati delle industrie della morte e i loro effetti sulla salute di animali ed esseri umani che vivono nei dintorni; miniere d’oro che lasciano in eredità laghi d’arsenico e fabbriche che processano rifiuti industriali avvelenando il sottosuolo.
Non si hanno notizie di condanne esemplari. Chi inquina l’ambiente e inganna i lavoratori, spesso con la complicità della politica, riesce sempre a farla franca. Per anni abbiamo subito passivamente a veri e propri attentati alla salute pubblica e all’ambiente, messi a repentaglio anche dall’assenza di controlli sistematici e puntuali. E anche quando i primi studi hanno cominciato a sollevare il velo sul problema evidenziando, tra le altre cose, gli alti valori di piombo nel sangue dei bambini di Portoscuso e le alterazioni del dna in quelli di Sarroch, lo sconcerto ha lasciato presto spazio alla rassegnazione e, successivamente, all’indifferenza. Ce ne siamo dimenticati in fretta.
Per questo è giusto essere preoccupati. Perché siamo la terra del “prendi i soldi e scappa”. Perché siamo quelli che non reagiscono più, che in piazza non ci vanno più, a meno che non si tratti di sport. Siamo quelli che non si oppongono più. Siamo rassegnati e indifferenti, vittime di noi stessi e della nostra indolenza.
Non sono contrario, in linea di principio, al deposito unico delle scorie. Da qualche parte deve essere realizzato. Ma noi abbiamo già dato e sarebbe troppo comodo spedire la merda oltremare nell’isola lontana e poco abitata, già occupata e presidiata, inquinata e pure apatica. No,stavolta dovremmo essere pronti, tutti, a uscire di casa e difendere la nostra terra con le unghie e con i denti, se sarà necessario.
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