Questo post è rivolto ai ragazzi delle scuole superiori che sognano di diventare calciatori e in questi giorni aspettano con angoscia la ripresa delle lezioni, intimamente convinti dell’inutilità dell’istruzione. Perché quanto scriva possa avere un minimo di effetto, occorre che in questi ragazzi si insinui il sospetto che quanto vanno dicendo i più vecchi di loro possa avere un qualche valore. Per tutti gli altri la lettura di queste righe potrebbe essere una perdita di tempo. Cari ragazzi, uno dei più grandi difensori della storia del calcio italiano è stato Gaetano Scirea. Era un esempio di stile, di correttezza, di visione di gioco, di tecnica, anche se tutti lo ricordano soprattutto per caratteristiche che col calcio sembrano entrarci poco: il garbo e l’educazione. Se qualcuno non ve ne ha parlato o se non avete visto la registrazione di qualche vecchia partita, è possibile che non abbiate mai sentito nominare Gaetano Scirea. Scirea morì giovane, a 36 anni, subito dopo il ritiro dall’attività agonistica: dopo una carriera nella Juventus in cui aveva vinto tutti i tornei possibili, lo avevano nominato allenatore in seconda. Non tornò da un viaggio in Polonia, dove era andato per vedere all’opera una squadra concorrente della Juve in Coppa Campioni. Accadde trent’anni fa, molto prima che voi nasceste, forse anche prima che si conoscessero i vostri genitori. Scirea giocava libero e forse, cari ragazzi, neppure di questo ruolo avete mai sentito parlare. Se il portiere è l’uomo più solitario tra i ventidue in campo, il libero veniva subito dopo: una sua distrazione diventava facilmente irrimediabile. Oggi i difensori giocano in linea, al tempo di Scirea il libero stava a metà strada tra la linea dei terzini e dello stopper, ultimo guardiano della porta prima del portiere. Scirea volgeva le spalle ad un altro monumento del calcio italiano, l’estremo difensore Dino Zoff, capitano della nazionale e della Juventus. Nel ruolo di libero, Gaetano Scirea divenne campione del mondo con la nazionale del 1982. Cari ragazzi, voi forse avete un ricordo sbiadito del mondiale vinto nel 2006, ma non avete vissuto quello dell’82, in Spagna. Fidatevi, fu tutta un’altra cosa. Fu la vittoria di una squadra partita tra le pernacchie, giudicata logora dai più prestigiosi critici calcistici del tempo, primo fra tutti quel Gianni Brera di cui in questi giorni si celebra il centenario della nascita. E invece quei perdenti tornarono a casa con la Coppa del Mondo, dopo aver battuto l’Argentina di Maradona, il Brasile di Zico e Falcao e la Germania di Rumenigge. Cosa c’entra la scuola? Ve lo spiego subito, cari ragazzi. Ma qui devo trasmettere quel che ho sentito raccontare ieri da Mariella, la vedova di Scirea. Avendo iniziato a giocare molto presto, da precoce talento qual era, Gaetano non aveva potuto completare gli studi e prendere il diploma, negligenza di cui continuava a farsi cruccio anche da campione del mondo. E proprio nell’autunno di quel 1982, reduce dai fasti del trionfo di Madrid, Scirea decise di iscriversi alle scuole serali per conseguire il diploma magistrale. “Dopo gli allenamenti, lo accompagnavo io a lezione sulla nostra Autobianchi A 112. Poi, quando finivano le lezioni, ci mettevamo a fare i compiti assieme, a casa nostra”. L’estate dopo, Scirea sostenne l’esame di maturità, in mezzo a tanti altri studenti molto più giovani di lui. Racconta ancora Mariella: “Al raduno estivo della Juventus, qualche settimana dopo, mi disse che la soddisfazione del diploma ottenuto lo aveva reso più orgoglioso del titolo di campione del mondo”. Era ricco, famoso, stimato da tutti, viveva il momento della sua massima gloria sportiva. Ma voleva completarsi come uomo. E quel pezzo di carta gli sembrava più importante del tetto calcistico del mondo. Siete abbastanza intelligenti, cari ragazzi, da capire la lezione senza che io aggiunga altre parole.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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