Mi è presa un’improvvisa empatia per il sindaco di Sassari e per il suo capodanno bocciato come triste, sarà che da sempre mi appassionano le cause perdenti, e non perderò invece tempo con la premessa sulla totale distanza ideologica tra me e il signor Campus.
Ma non è solo simpatia per lo striminzito programma di fine anno di Sassari, per la scelta controcorrente, tutt’altro che populista, quando da un sindaco di destra ti attenderesti panem et circenses e tanti soldi per l’ubriacatura della festa nella piazza affollata in attesa del tappo di spumante che salta e si perde in direzione del campanile.
Non è solo la difesa del Campus preso a sberle, e io Campus manco lo conosco e a naso non mi pare manco simpatico. Io scendo in Campus perché questo conformismo del Capodanno non lo reggo più, anche senza bisogno di citare Gramsci che lo scrisse molto prima di me.
E che a me stanno sulle balle i cinquecentomila euro spesi per una sera e gli impresari che ti calcolano l’indotto e la promessa che per ogni euro speso ne entreranno quattro: discorsi che sento da una vita dagli assessori al Turismo.
E mi stanno sulle balle gli artisti che cantano con la bandiera dei quattro mori sulla spalle anche se la Sardegna l’avevano sino a quel momento vista in cartolina, che se solo il cachet fosse stato di diecimila euro più ricco la bandiera avrebbe avuto un altro stemma e la spiaggia più bella non sarebbe stata sarda ma Lignano Sabbiadoro, Rimini, Capocotta, Coccia di morto o Quarto Oggiaro, con tutto che a Quarto Oggiaro non ci sono spiagge.
Ma se invece di spendere cinquecentomila euro in una volta si organizzassero dodici concerti, uno al mese, da quarantamila euro l’uno?
Tra i momenti più belli del mio anno passato infilo di diritto i concerto di Ludovico Einaudi a Tharros e di Mario Venuti a Palau: non posso vivere senza musica.
Ma non è detto che il Capodanno debba essere per forza casino, musica a palla e un ragazzino a torso nudo su un palco, petardi e mortaretti. Manco più le scene di Napoli che al 31 dicembre sembra Kiev riesco a sopportare.
La bellezza può essere anche nel silenzio, passeggiare per Piazza D’Italia e Corso Umberto immaginando come potesse essere una città in festa prima che questa frenesia dei decibel ad ogni costo ci ubriacasse tutti.
Non se la prenda, Campus. Forse un giorno tanta gente le darà ragione.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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