Vi faccio una confessione: io, Marcel Proust non l’ho mai letto. Direte: e allora? Lo confesso perché in questi giorni molti si sono posti un grosso quesito legato al ruolo degli intellettuali nell’epoca in cui viviamo, in questo strano mondo virtuale dove sono scomparsi gli appelli dotti ed etici sui quotidiani (stanno sparendo anche i quotidiani, a dire il vero) e dove, soprattutto, gli appelli li possono firmare tutti attraverso, per esempio, il sito change.org. A questa confessione aggiungo che il libro “Alla ricerca del tempo perduto” personalmente è davvero quanto di più astruso, illeggibile e incomprensibile sia stato scritto nel corso del Novecento. (e, per analogia, concordo con Ugo Fantozzi quando si esprime sulla mitica Corazzata Potemkin….). Non sopporto però questo voler citare gli intellettuali solo per il gusto di autocompiacersi e poter affermare all’universo mondo: “Guardate quanto sono bravo”, “Guardate quanto ne so”. Gli intellettuali sono esseri curiosi: difficilmente azzeccano le soluzioni anche se riescono a descriverne molto bene le cause. Sono avvolti dalle loro parole e sono convinti che tutto possa essere risolto semplicemente, grazie al loro acuto sguardo da “intellettuale”. Ve la dico tutta: diffido sempre di chi comincia a parlare di Aristotele, Sofocle, Proust, Foucault, Roland Barthes (mi vanto intensamente di non aver mai letto un suo libro). Chi lo fa è perché solitamente non ha una sua ricetta, una sua analisi. Mi fanno sorridere, oggi, le pagine dei quotidiani dedicate alla Grecia dove si analizza tutto con gli occhi della Repubblica di Platone quasi che i poeti, gli scrittori, i filosofi fossero dei Nostradamus o dei profeti pronti a discettare sul futuro. Chiaro che non è così. Ho ricevuto, molte volte, delle telefonate da parte di alcuni giornalisti con domande legate a fatti di cronaca nera, soprattutto di sequestri di persona: “Lei che ha conosciuto molti sequestratori, che ne pensa di questo sequestro? chi sono i nuovi sequestratori? C’è una via di uscita?”. Ho sempre avuto molta difficoltà nel rispondere garbatamente e negare soluzioni o risposte vacue. Cosa che, comunque ho sempre fatto, rifiutandomi di arrampicarmi in verità che, trattandosi del genere umano, almeno per me non esistono. Quando osservo un fatto non parto mai con gli occhi di chi scrive, ma lo osservo con attenzione e provo a delimitarne il campo. Non ho, insomma, le soluzioni pronte o le cerco tra le righe dei saggi scritti da altri: mi pongo domande e cerco, con calma, le risposte. Quando leggo di analisi coltissime e raffinate mi viene sempre da sorridere: tutti citano quelle solite quattro cose che Gramsci ha scritto. Ma Gramsci ha scritto anche altro e quelle quattro cose, in ogni caso, andrebbero storicizzate. Non è pensabile, per esempio, utilizzare il Pasolini che si scaglia contro la chiesa del suo tempo e affermare che Pasolini non sopporterebbe la la chiesa odierna. Sarebbe sicuramente riduttivo. Eppure frotte di intellettuali continuano a riempirsi la bocca di citazioni ed aforismi, tutti alla ricerca del tempo perduto. A proposito: ma voi, Marcel Proust,* mica lo avete letto? Confessatevi!
* Marcel Proust nacque a Parigi il 10 luglio 1871. Quindi, per caso, oggi ricorrono i 144 anni dalla sua nascita. (ma sarà davvero un caso?)
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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