Su Bocca di Rosa di Fabrizio De André ho costruito un romanzo. Il mio ultimo lavoro “Dolci, sante e marescialli” è molto ispirato all’amore sacro e quello profano. Non proprio come è raccontato in Bocca di Rosa ma, in ogni caso, lo spunto è sempre quello, soprattutto quando parliamo di marescialli – e quindi di ordine costituito – e di preti che rappresentano, comunque, una buona fetta di potere anche temporale. Ho amato intensamente questa canzone tanto da consumarne i solchi nel mio vinile. Per fortuna, oggi, abbiamo altri strumenti per ascoltare e riascoltare le canzoni, Bocca di Rosa tra le altre. Tra un ascolto e l’altro, accompagnato dal mio canto quasi a squarciagola, mi sono reso conto di una cosa che, seppure insignificante, seppure “esagerata”, stonava e continua a stonare. E non è la voce del sublime De André e neppure la musica nelle due versioni: quella classica e quella suonata insieme alla Premiata Forneria Marconi. No, a furia di ascoltarla e riascoltarla mi rendo conto che il testo ha un grossolano errore che solo con una licenza poetica possiamo “salvare”. Capisco che sto facendo un appunto a Fabrizio De André e quasi me ne vergogno, ma sono giorni che questa cosa me la porto dentro: perché Faber decide di mandare le donne “arrabbiate” dal Commissario e poi parla di gendarmi con i pennacchi e con le armi e, subito dopo, aggiunge “sbrirri e carabinieri”? E’ un piccolo errore ma stride. Nel piccolo paesino di Sant’Ilario è assolutamente improbabile che ci fosse un commissariato ed è invece certo che il borgo fosse presidiato dai carabinieri e quindi non dal commissario ma dal maresciallo. E, a rivedere il testo, appare semplice sostituire” quelle andarono dal commissario” con “quelle andarono dal Maresciallo”. Però De André decide diversamente giocando con le parole “sbirri e carabinieri” pensando – direi giustamente – che la locuzione “sbirro” è legato storicamente alla polizia di Stato. Perché allora ve ne parlo? Perché, ad un certo punto stavo per compiere lo stesso errore e stavo per infilare – nel mio romanzo – nel piccolo paese di Roccabuiedda un Commissario al posto del Maresciallo. Il risultato è stupefacente: Bocca di rosa rimane forse la più bella canzone del primissimo De André e il mio maresciallo solo un gioco tra il sacro e il profano. Ma tra Bocca di Rosa e “dolci, sante e marescialli” il sacro è sicuramente De André. Su questo non ho alcun dubbio.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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