Un abominevole primo piano trionfalmente esposto in centotrentaquattro bacheche. E’ la testa di un’alce imbalsamata e appesa sopra un camino. E’ il cinghiale sanguinante legato sul cofano dell’auto e portato in giro per le vie del paese al termine di una domenica di caccia. E’ un trofeo che testimonia la bravura del vincitore.
Centotrentaquattro, un numero enorme. Significa che in 134 bacheche campeggia quella foto decorata dai commenti e considerazioni irripetibili di chi ha scelto di arredare il proprio spazio virtuale con quell’orrenda immagine e un coacervo di parole d’odio e violenza, messe accanto come soprammobili.
Loro spartiscono, in un grottesco tripudio di gruppo, la cattura di un cittadino slavo dopo il suo tentativo di scasso in un appartamento in zona Lu Postu, vicino a Baja Sardinia. Ed ecco il ritratto di un uomo, un ladruncolo, al quale un poliziotto mette le manette prima di portarlo in questura. Un furto va immancabilmente punito, è palese, con la stessa pena che la legge prevedrebbe per un cittadino italiano.
Ma ditemi, avete mai visto riservare lo stesso trattamento mediatico ad un ladruncolo berchiddese, ad un teppistello orunese o un delinquentello oristanese?
Non bastavano siti del tipo tuttiicriminidegliimmigrati.com ed altri, imbevuti tutti di matrice xenofoba, che fanno leva su odio razziale e discriminazione pur di racimolare manciate di visualizzazioni, ora ci si mette anche il ridicolo Ku Klux Klan di Facebook. Piccoli ometti e donnine, forti dietro le scrivanie, con occhi fissi sulla tastiera, pronti a digitare con un solo dito frasi che si dovrebbero vergognare anche di pensare. Ognuno nella solitudine della sua stanza ma pronto ad unirsi ad altri in una lunga e schifosa fila quando si tratta di accrescere animosità. La connessione ADSL della Telecom addosso a loro è un’arma, impugnata come una Colt M1911, pronta a sparare veleno, frustrazione e ignoranza. Il loro sguardo s’illumina al primo like, esultano contenti nel vedere le condivisioni perché alla fine spartiscono la notizia aspettando soltanto che qualcuno dia loro una mano per spurgare il rancore moltiplicandolo.
E allora eccoli lì, patetici giustizieri digitali, pronti ad esporre senza ritegno una foto come fosse un trofeo. Quando invece avrebbero solo bisogno di un paio di sorsi di Lexotan.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design