Il 14 luglio del 1943, ai Portici di Sassari, il fascista Ninni L. avvicinò l’architetto professor Angelo Misuraca e dopo essersi guardato intorno gli bisbigliò che di lì a qualche giorno il Re avrebbe arrestato Mussolini. Ninni L. era un usciere, fascista della prima ora che con il diploma di squadrista si era fatto largo anche se privo di titolo di studio. Non è che fosse salito molto, senza neppure la licenza elementare non si poteva chiudere più di due o tre occhi, ma, insomma, contava tanto da potersi permettere di fermare per la strada uno come Misuraca e farsi ascoltare senza che questi, come don Rodrigo, gli dicesse escimi di tra’ piedi, villano temerario. Misuraca era un pezzo grossissimo. Aveva costruito gli edifici più belli pubblici e privati della Sassari degli anni Trenta, era alla moda, il più richiesto, inoltre era funzionario della Provincia e dirigente del Partito. Bravo, intelligente, di mentalità cosmopolita e, nonostante queste sue aperture culturali, fascistissimo non per convenienza ma proprio per convinzione. Ninni disse dunque a Misuraca -Professore, non mi chiedete come lo so. Ma tra pochi giorni il Re metterà il Duce ai ferri. C’è un complotto. Il capo è Dino Grandi. Misuraca, che non era di Sassari ma era abituato agli scherzi dei sassaresi perché ci viveva ormai da più di dieci anni e ci aveva fatto fortuna, lo guardò con un mezzo sorriso -Ninni, non fare il cretino, non sono i tempi adatti. -Non sto scherzando. Credetemi. In mezzo c’è anche il Genero. Poco mancò che Misuraca si segnasse -Ma sei pazzo? E poi come fai a sapere queste cose? In effetti era strano che Ninni L, che non aveva mai messo il naso fuori di Sassari, se non per una spedizione punitiva nel ‘22 contro i socialisti di Sorso nella quale ne aveva pure buscato, sapesse cose così. Tanto più che ora sappiamo che in quei giorni Grandi non aveva neppure ancora chiesto la convocazione del Gran Consiglio e questa cosa la sapevano soltanto lui, il re e pochi altri tra i quali certi uomini dei servizi inglesi. Comunque Misuraca liquidò l’ex usciere con la promessa di dimenticare “questa sciocchezza” e corse da Maccari, il federale di Sassari. -Antonio, questa ondata di disfattismo per le cose della guerra lambisce anche la nostra città. Pensa che un vecchio squadrista di cui per carità non ti faccio il nome è venuto a raccontarmi di complotti del Re contro il Duce i cui fili sarebbero mossi dal camerata Grandi. Maccari rise -Dino Grandi? Ma se è uno dei fedelissimi. -Appunto. E pensa che nel complotto c’è anche Galeazzo Ciano. -Ma chi è questo scemo che sparge simili corbellerie? O dovrei dire “questo farabutto”? -Non è importante chi. E’ appunto uno scemo. Il problema è che evidentemente queste cose circolano. La buona borghesia sassarese si prepara a cambiare casacca se la guerra dovesse volgere al peggio. Teniamo la guardia alta, Antonio. Maccari lo fissò -Angelo, non sei di Sassari ma questa città hai imparato a conoscerla bene. Ebbene, sì: guardia alta. Anche se tenendo la guardia sulla faccia ci scopriamo la pancia. -E anche sotto la cintura. -Già. Poi risero e parlarono d’altro. E una decina di giorni dopo, quando le faccende del 25 luglio arrivarono anche a Sassari, si cercarono l’uno con l’altro e insieme cercarono Ninni L. Maccari era il più deciso e fece spuntare dalla giacca il calcio di una Brixia della Grande Guerra. -Ora devi dirmi il nome di quel bastardo che sapeva e non ha fatto regolare denuncia e io lo faccio fuori prima che ci arrestino tutti. -Stai calmo, non è il momento di fare sciocchezze. Ma le sciocchezze le fecero tutti e due , dopo l’8 settembre, quando i tedeschi lasciarono libera la Sardegna e quindi almeno qui non c’era più da temere o, per alcuni, da sperare. E così Maccari lo arrestarono il 3 dicembre con un altro famoso federale, Martino Offeddu, e altri ancora per “complotto allo scopo di restaurare il fascismo”. A Misuraca toccò, per gli stessi motivi, il 15 dicembre, e il poliziotto del nuovo regime che lo arrestò, un’ex spia dell’Ovra che voleva ricostruirsi un imene scardinato da anni e anni di persecuzioni contro gli antifascisti, gli trovò nella sua casa di via Michele Coppino persino due bombe a mano e lo portò via trionfante mentre Eugenia, la moglie di Misuraca, porgeva fiera cappotto e guanti al marito in manette e parole di disprezzo all’ex ovrino convertito alle ragioni del re più codardo che l’Italia avesse mai avuto. Qualche mese dopo, aprile 1944, toccò al gruppo del giovanissimo Antonio Pigliaru che dopo avere pagato la sua coerenza di fascista con una lunga e terribile galera divenne il più grande intellettuale democratico sardo insieme ad Antonio Gramsci; del gruppo faceva parte anche Ugo Mattone, che diventerà uno dei più noti e bravi scrittori per il cinema con lo pseudonimo di Ugo Pirro. Il destino più tragico ma anche il più bislacco toccò a Misuraca, l’unico al corrente dell’identità del fascista che sapeva in anticipo del colpo di stato monarchico. Il 29 luglio del 1944, compleanno di Mussolini, l’architetto morì nel carcere di Oristano, dove erano detenuti tutti i cospiratori nostalgici di Sassari. Una morte improvvisa, quasi inspiegabile, se non riconducendola a un intervento chirurgico subito qualche anno prima. Una fine della quale Eugenia, anche lei fastiscissima e innamoratissima, che aveva vegliato il cadavere in cella per un giorno e una notte, parlò nel suo diario con una ostentata e rabbiosa reticenza che chissà quale verità nascondeva. E Ninni L? Per un po’ sparì dalla circolazione. Sino al 1948, quando con misteriosi esami senza testimoni, condotti da misteriose commissioni, conseguì in pochi mesi la licenza elementare e quella media inferiore, aprendosi la strada a una fulgida carriera nella pubblica amministrazione. L’unica cosa che si venne a sapere è che non era vero che non avesse mai messo il naso fuori da Sassari. Un viaggio, l’unico, l’aveva fatto a Roma, poco prima dell’incontro con Misuraca, come factotum e galoppino di un funzionario di prefettura che doveva vedere per questioni locali alcuni importanti personaggi. Forse casualmente avevano sentito qualcosa e avevano mantenuto la consegna del silenzio, comportamento premiato con i favori concessi nel ’48 allo squadrista Ninni. Ma chi lo ringraziò non sapeva che Ninni L non aveva affatto rispettato la consegna. E nel caso che il colpo di Grandi e di Sciaboletta Savoia fosse fallito si era dato al sicuro spiattellando tutto al fascista più importante che conoscesse, il povero Misuraca, per acquisire meriti dopo l’eventuale fiasco. E non c’ è niente di strano, perché di fascisti che hanno fatto i conti con il loro passato ce ne sono stati molto pochi. E questo spiega tante cose della nostra democrazia dove succedono cose strane, persino che un vecchio rosso come il sottoscritto abbia molta simpatia e ammirazione per un fascista coerente come il professor Misuraca.
Tutti i personaggi sono realmente esistiti a parte Ninni L. Che io sappia, almeno.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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