Vedendo il post di un amico intelligente sull’umorismo quotidiano ai tempi di Dino Risi, mi è arrivata sulla zucca pelata una botta di nostalgia sul modo di ridere legato a una cultura allora diffusa e che ora non esiste più. Io non è che rimpianga la morale della seconda metà del Novecento, non rimpiango i concetti di donna, famiglia, gerarchia, religione e altre cose che rendevano quei decenni peggiori di quelli attuali. Non rimpiango neppure l’apparente equilibrio sociale di quegli anni, perché penso si stessero costruendo i presupposti dell’ingiustizia globale che è alla base di questa crisi contemporanea così feroce solo per i poveri.Ciò che rimpiango è il modo di ridere che si aveva allora.Metti lo scherzo di Ugo Tognazzi capo delle Brigate Rosse.Ricordate? Fu uno dei capolavori del Male di Vincino alla fine degli anni Settanta. E anche lì c’era satira dura e trasgressiva, perché a scherzare sul terrorismo in quegli anni tragici ci voleva coraggio, ma nessuno si indignò platealmente, non ci furono schieramenti tipo Charlie sì e Charlie no a gonfiarti le palle. Ci furono solo risate che convinsero noi italiani di essere talmente forti nella nostra democrazia da potere ridere anche di certe nostre disgrazie.Era il periodo in cui il Male stampava finte copie di grandi testate giornalistiche – dal Corriere alla Stampa, da Repubblica a Paese Sera – con notizie mirabolanti che venivano prese per vere. Sfruttava il meccanismo psicologico dello Specchio Segreto di Nanni Loy: reazioni credibili davanti a eventi incredibili.La più bella di queste provocazioni fu l’arresto di Ugo Tognazzi: “E’ il capo delle Br”, diceva il titolo delle prime pagine del Giorno, di Paese Sera e della Stampa, accanto alla sua foto in manette, scortato da un feroce poliziotto che era in realtà Sergio Saviane. E nella direzione strategica della sanguinaria organizzazione eversiva c’era pure Raimondo Vianello, “attivamente ricercato”. Un titolo a parte con i complimenti di Pertini alle forze dell’ordine.Quando il Male chiese a Tognazzi di prestarsi, lui non ci pensò un attimo. Si racconta che immediatamente inalberò il suo sorrisino da presa per il culo e diede ottimi consigli ai giornalisti per organizzare meglio lo scherzo.Ancora la stragrande maggioranza della gente apprendeva le notizie del giorno prima dai giornali di carta. Quel giorno dovevo fare un articolo di politica comunale e ne approfittai per divertirmi un po’ presentandomi a Palazzo Ducale (sede del Comune di Sassari) con la mazzetta dei tre giornali. Avevo preso le prime pagine contraffatte del Male e le avevo imbottite ciascuna con il rispettivo giornale vero, così che al primo sfogliare il falso era ancora più credibile. Giravo nel palazzo mostrando i giornali e borbottando: “E’ incredibile!”. Non vi dico quanti assessori e funzionari del comune mi strappavano i giornali di mano e strabiliavano, telefonavano a casa o al partito, mi chiedevano se in quanto giornalista ne sapessi di più. Una impiegata mi assicurò che lei si aspettava questa notizia “da un momento all’altro”e che aveva sospettato sempre di Tognazzi. Ammise invece che le accuse a Vianello la stupivano: “A lui non avrei mai pensato”. Se ricordo bene scrissi un pezzetto in cronaca su di lei come simbolo della riuscita dello scherzo del Male. L’unico che dopo avere dato un’occhiata a Paese Sera mi mandò appunto a quel paese fu il sindaco Franco Meloni: “Dai, Cosimo, non rompere i coglioni: questo dev’essere il Male”.Ma da primo cittadino di coerente spirito sassarese tacque con tutti per consentirmi di continuare a prendere per il culo i suoi diretti collaboratori e amministrati. Anche di gente come lui ho una certa nostalgia.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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