Provate a dire che Amore bello cantato insieme a Gianna Nannini non è una cover fantastica o che Baglioni insieme a Pelù che cantano “Il tempo di morire” di Lucio Battisti non siano credibili. Se così fosse vi meritate qualche Sanremo passato, quelli tutti cotonati dove le cose più interessanti erano i vestiti delle more o bionde di turno. Tutto possiamo dire ma Baglioni sa cantare e sa cantare con tutti. Sa far cantare tutti: da Heidi a il nostro concerto, passando per i passerotti e provando a rovinare (senza riuscirci) un altro piccolo capolavoro come “E tu come stai” in quello strano fraseggio con Federica Sciarelli, tutto sommato evitabile. Va detto che il buon Baglioni ha compreso che con una chitarra, un falò in una spiaggia e quattro note ben suonate tutto può succedere. Così da quattro giorni ci ha gettato in un frullato di cose che partono dagli anni settanta ed arrivano ai giorni nostri. Baglioni abbraccia tre generazioni: quella di mia madre, la mia e anche quella successiva che, in ogni caso, questo piccolo grande amore la conoscono a memoria.
Altra grande trovata è quella di affiancarsi nella presentazione ad un vero e proprio mattatore come Pierfrancesco Favino; bravissimo attore ma anche intrattenitore: simpatico, ammiccante, giocherellone, quasi mai impostato e vera anima bella di questo Festival tutto terribilmente cantato da tutti. Perché questo è stato il segreto di Claudio Baglioni: portare le canzoni ad un festival della canzone italiana e portare le canzoni che la gente si aspetta. Da Dalla a De André, da Gino Paoli a Sergio Endrigo. Forse è operazione nostalgia o furbizia o forse è una cosa molto naturale: la gente ha bisogno, in questo momento storico, di cantare a squarciagola e non di sentire piccoli uomini che urlano promesse inutili e vane. Questo Sanremo non rispecchia la politica attuale, rispecchia l’anima vacanziera della piazza, di chi ha voglia di un attimo di tranquillità tra una maglietta fina e un correre felici a perdifiato. Non è un peccato, è probabilmente una necessità. Baglioni lo ha capito, ha percepito che mettendo in gioco il suo repertorio sarebbe accaduto tutto questo. Oggi ultima serata e a dimostrazione che è un Sanremo sottosopra tra le nuove proposto ha vinto Ultimo ed è facile poter dire “gli ultimi saranno i primi”. La canzone meritava molto più di quella di Mirko e il cane (domanderei semmai chi sceglie i nomi dei cantanti, a volte improponibili) e si capiva che avrebbe vinto. Per i “big” si percepisce, invece, che se la giochino il duo Meta-Moro e gli scalmanati post Rino Gaetano dello stato sociale. Per gli altri non ci dovrebbero essere molte chances, anche se la canzone di Noemi cantata ieri sera in compagnia di Paola Turci è davvero apprezzabile. Dal divano di Sanremo è tutto. Birra e patatine sono pronte per il gran finale e magari stasera il buon Claudio apre con “Ufo Robot” o con il suo personalissimo omaggio agli inti illimani (dall’album Anime in gioco, dove è compresa anche Heidi) e avrebbe dannatamente ragione: il pueblo, unido, jamas sarà vencido! Buon festival a tutti.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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