Tutti a parlare male di Sanremo – inteso come festival – e tutti però lo guardano seppure distrattamente, per carità. Siamo fatti così: corpo razionale e radical-chic con un cuore melodrammatico. Sanremo è lo specchio di questo paese, è il concentrato del bello e dell’orribile che aleggia tra le viscere neppure tante nascoste di ognuno di noi. Però Sanremo ci ha regalato momenti intensi e canzoni bellissime: c’è passato pure Lucio Battisti con “un’avventura” e Vasco Rossi con “una vita spericolata”. A vincere sono stati in tanti e difficilmente si ricorda chi è stato quello dell’anno appena trascorso (dovrebbero essere gli Stadio, se non ricordo male) proprio perché Sanremo è un attimo fuggente, una parentesi forse complicata, forse inutile, forse deleteria, ma dura solo cinque giorni. Come uno sciroppo melenso e dolciastro. Molti cantanti sono il prodotto dei vari talent ed alcuni hanno un approccio musicale non proprio perfetto. Però ci sta perché se dobbiamo rappresentare tutti è giusto che vi sia posto per Gigi D’Alessio e Fiorella Mannoia, l’alfa e l’omega. Sanremo è Sanremo anche perché possono vincere i Jalisse e poi sparire, quasi a voler significare che tutti ce la possono fare. Sanremo è Sanremo perché riesce a superare tutto, anche un suicidio, anche riproporre per tutta la vita quella canzone struggente che è stata “Ciao amore ciao”. Anche se non siete d’accordo Sanremo arriverà. E’ una delle poche certezze di questo paese nazional-populista e di questi tempi non è poco. O no?
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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