Claudio Baglioni non è un presentatore o una voce o una musica. Claudio Baglioni è un pezzo della mia adolescenza. L’ho scritto e ripetuto mille volte e nessuno potrà smentirlo. Sanremo è un’altra storia, un altro pezzo della mia vita che è andato oltre i vent’anni. E’ un piccolo rito, è l’attacco spiritoso agli snob, agli intellettuali della musica, a chi storce il naso ma canticchia le canzoni di Sanremo. Meglio, le canzonette come “Volare, 4 marzo 1943, Quello che le donne non dicono,” ma anche “Trottolino amoroso, Finché la barca va, Siamo donne (oltre le gonne c’è di più…),” ma anche “Vita spericolata, Donne (tu ru tu)”, e ancora “Vacanze romane, Maledetta primavera, Una terra promessa e La solitudine”, insieme a “Pizzinnos in sa gherra, Spunta la luna dal monte, Un italiano vero e Si può dare di più”. Questo è Sanremo: un bellissimo e conturbante quadro di Pollock difficile da interpretare, eppure perfetto nella sua confusione creativa.
Poi, dopo Fiorello è finalmente apparso il mio Claudio: ben vestito, ben pettinato, quel piccolo grande amore, quel passerotto che non deve andare via, quel doremifasol, alzati Giuseppe, notte di note, tutto il calcio minuto per minuto. Claudio che racconta le canzoni e le parole, e dice che sono piccole cose, un pugno di riso, di frasi, che cucite insieme con un filo di voce riescono a dare divertimento. Sicuramente emozionano. Dio, quanto è preparato quello che racconta, ma quanto è vero e bello, stupido e inutile, come un bacio all’improvviso, come una maglietta fina, dove tutto si immagina, come amore caro, amore bello, io me ne andrei lo faccio sai, e adesso…. La pubblicità. Bel colpo, con le scale che sembrano l’astronave di Star Trek, l’orchestra di bianco vestita, la piccola bellezza che cammina tra il bianco e un grigio Baglioni. Poche sfumature, ma ben costruite.
Poi arrivano Pierfrancesco Favino ammiccante e Michelle Hunziker di nero vestita e con le poppe perfette, troppo perfette.
Il pezzo che riscalda l’Italia tutta lo firmano Fiorello e Baglioni: un “e tu” come un mega karaoke dei tempi andati.
Il resto, a dire il vero, troppo ingessato e troppo “costruito”
E le canzoni? Ecco la mia personale classifica:
Ornella Vanoni, con Bungaro e Pacifico 8 Ha ancora l’età per cantare e la classe non è acqua. Bisogna imparare ad amarsi, imparare a lasciarsi Bellissimo testo e cantata benissimo 8
Enzo Avitabile e Peppe Servillo
Ho amato immensamente il sax di Enzo Avitabile. E’ stato un arcobaleno di napoletanità. Ho amato molto meno Servillo e gli Avion Travel: musica troppo colta e troppo con la puzza sotto il naso. Però questo pezzo è una piccola perla in un Sanremo tutto sommato abbastanza piatto. Merita 10 per la musica e 6 per l’interpretazione. La media è 8 pieno ma non vincerà Sanremo, state tranquilli.
Decibel
Ruggeri è uno che sa cantare e scrivere canzoni, grande costruttore di metafore. Bella canzone, evocativa, stile Ruggeri. Non vincerà Sanremo ma è da quasi 8
Diodato e Roy Paci –
Arriva la musica colta che a Sanremo è un must. Parte in sordina ma è una canzone di difficile interpretazione e Diodato è bravo: non stona, riesce a sciogliersi in un bel testo poco sanremese. La tromba di Roy Paci fa il resto. Merita per il coraggio un 7 pieno.
Ermal meta e Fabrizio Moro
Testo molto interessante, molto Moro e meno Meta Ben cantata, forse troppo piaciona, però ottima interpretazione , ritornello molto radiofonico . Possono vincere. 7
Annalisa: Inizio lento, difficile, siamo montagne a picco sul mare . Intonata, ben impostata, non male., poteva fare e dare di più. 6,5
Lo stato sociale – Canzone fresca, con “nessuno ti rompe i coglioni” sdoganato a Sanremo. Ricordano Rino Gaetano, ma poco poco. Da riascoltare. 6,5 ma sono i nuovi Gabbani: dalla scimmia nuda che balla alla vecchietta brava che balla. Girerà molto in radio e rischia di vincere Sanremo
Nina Zilli Sempre molto sofisticata e voce che sa camminare sulle note. Testo molto debole e fragile. Peccato. Però è una canzone sanremese. 6.5
Noemi La solita canzone in mano a Noemi con voce graffiata a cercare Fiorella Mannoia. Troppo lontana e poco intonata. Raggiunge comunque la sufficienza, 6 e forse 6.5 ma non oltre
Ron: testo di Lucio Dalla. Restituire parole a chi parole non ha più. Troppo Ron per essere Dalla, un gioco tra telefonami tra cent’anni e Wahington. Non un bellissimo testo, un Dalla minore che però fa la sua bella figura. 6,5 per amore.
Luca Barbarossa A me è sempre piaciuto. Bravo e sfortunato. Poteva avere una carriera migliore. Ha sempre la possibilità di scrivere grandi canzoni poi gli manca sempre qualcosa. Piccola canzone di sana melodia. Giocando tra Lando Fiorini e Nino Manfredi. Mi aspettavo molto ma molto di più. Si porta il sei politico per il ritornello che rimane.
Mario Biondi che canta in italiano è già una notizia. La voce è la solita, calda come solo nei pub di una volta, con il fumo che saliva lento. Interpretazione impostata, un po’ Armstrong che canta male in italiano, un po’ Ornella Vanoni in pensa com’è strano, pillole di Barry White e Leonard Cohen, gocce di Cammariere e De Crescenzo, e un Johnny Dorelli d’annata. Tutto troppo sofisticato e poco sanremese. Non la ricorderemo mai. 6 per la bravura ed il coraggio. Candidato per il premio della critica
Max Gazzè: la leggenda di cristalda e pizzomunno: già il titolo merita un 7. Inizio raffinato, con tanto di arpa sul palco ma la canzone non riesce a partire; poco musicale, troppo raccontata, ci aveva abituato a perle diverse. 6-. Da risentire.
Elio e le storie tese. Lo posso dire? Non mi sono mai piaciuti, se non in pochissime storie. Questa non resterà in nessun ricordo. Un quasi sei per una carriera elogiata quasi esclusivamente dalla critica (quella snob che non guarda Sanremo).
Le vibrazioni fanno le vibrazioni. Niente di nuovo sotto il sole e i Negramaro sono molto lontani, Molto più vicini i Modà. Pezzo insufficiente 5,5 ma radiofonico.
Giovanni Caccamo – Canzone difficile, troppo sofisticata con una partenza in salita. In un mondo senza nebbia, in un mondo senza rabbia ricorda lontanamente in tutti i luoghi, in tutti i laghi. Sopravvalutato. 5 di incoraggiamento.
Red Canzian – Ognuno ha il suo racconto e comunque vada ha un pezzo migliore di quello del due Facchinetti-Fogli. Ha anche il ritmo degli anni 70. Bisognerebbe ricordargli che siamo andati avanti. Però ha un ritornello paraculo 5
Renzo Rubino . Pessimo inizio. Il palcoscenico dal vivo non lo aiuta. Poi riesce a cantare e a trovare i tempi, ma la canzone non riesce a colpire. Stonatissimo, non raggiunge la sufficienza. 4.5
The kolors che cantano per la prima volta in italiano. Non mi hanno mai convinto e sono un po’ di plastica come le bocce della Hunziker. Brutta canzone che Baglioni poteva benissimo tralasciare 4,5
Roby Facchinetti e Riccardo Fogli Facchinetti urla come sempre e Fogli fa Riccardo Fogli. Classica canzone dei Pooh, un po’ alla ricerca di “uomini soli”. Ma l’operazione non riesce. Un filino patetici 3 Si può essere anziani con dignità. Vanoni Insegna.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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